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Alitalia, aerei a terra e crack dietro l'angolo

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Il braccio di ferro fa più rumore di uno spot contro il governo. Il titolo crolla in Borsa (-8,6%)

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E non è un problema da poco se consideriamo che siamo nell'era degli spostamenti veloci. Ma purtroppo spesso si resta a piedi. Anche in aeroporto. Ieri sono stati cancellati più di 220 voli. Eppure lo sciopero Alitalia era stato sospeso. Ma i picchetti dei dipendenti dell'aerea tecnica, fomentati dai sindacati autonomi, continuano senza sosta da cinque giorni e stanno mettendo in ginocchio l'Italia e gli italiani. Ma chi ci guadagna da questo braccio di ferro? Chi c'è dietro la protesta? Restano interrogativi ai quali non è facile trovare una risposta che sappia far capire, a chi ogni giorno perde l'aereo, che lo sciopero sia l'unica arma da utilizzare nella contesa. Il governo accusa il pugno allo stomaco e cerca di reagire. La paralisi continua, nonostante sia stato già fissato da giorni l'incontro di domani a Palazzo Chigi. Da una parte ci sono An, Udc e Forza Italia pronte a rimettere in discussione il mandato di Cimoli. Dall'altra la Lega che difende il manager (voluto da Tremonti), ma spara a zero sulla compagnia. Le dichiarazioni di Maroni sono più pesanti di un macigno. «Se Alitalia - ha detto il ministro del Welfare - non ha la forza per trovare le risorse al suo interno, non c'è altra soluzione che portare i libri in tribunale. Il governo non ha l'obbligo di sostenerla sempre e comunque». Messaggio chiaro: niente più soldi. Ma più che gli aiuti economici è un piano industriale idoneo che i sindacati chiedono. E non è un caso, quindi, che nel mirino ci sia finito l'amministratore delegato, Giancarlo Cimoli. Non pago di quanto detto, il ministro Maroni ha affondato il coltello: «È una vergogna. Non ci sarà nessun privilegio per una società che sta erogando un pessimo servizio. Il compito del governo è solo quello di salvaguardare i posti di lavoro. Mi chiedo come faccia Alitalia a garantire altri 700 posti di lavoro di Volare se non riesce a garantire i suoi». Ma sulla possibile chiusura della compagnia il Presidente del Consiglio getta acqua sul fuoco. «Non è facile pensare - ha dichiarato Berlusconi - di fare una cosa del genere. Avere una compagnia di bandiera è un orgoglio nazionale». Il premier ha anche invitato i dipendenti a comportarsi come quelli dell'Air France, di fare meno scioperi. Oggi non si prevedono miglioramenti. Anzi. Sono previsti altri 250 voli cancellati. E anche se l'incontro di domani a Palazzo Chigi dovesse portare una schiarita, la situazione rimarrà paralizzata per almeno una settimana. Il tempo che ci vuole per recuperare il lavoro all'interno degli hangar e delle officine. Tuttavia, qualcuno sta giocando sporco. In parecchi ne sono convinti. La messa in discussione del piano industriale (peraltro già approvato dall'Unione europea) potrebbe mascherare altre questioni. Resta il fatto che il governo sta subendo un grave smacco in piena campagna elettorale, le forze della maggioranza si stanno dividendo sulla strategia da adottare. I sindacati confederali escono ridimensionati, in quanto nemmeno loro sono riusciti a tenere la situazione sotto controllo. Lo sciopero è proseguito nonostante la sospensione. Il Paese è in ginocchio e i passeggeri sono rimasti a terra. La compagnia di bandiera non solo non decolla, ma si presenta con le ali spezzate. Il titolo in Borsa ha perso l'8,6%. I prezzi dei biglietti rimangono troppo alti, rispetto alla concorrenza. Le carriere dei dirigenti si bruciano come il carburante. Il valore aggiunto previsto da Malpensa non è mai arrivato.

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