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«Intercettazioni usate come un arma»

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Castelli all'inaugurazione dell'anno giudiziario: «Basta con il loro utilizzo illecito»

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un'arma che ha ormai sostituito l'avviso di garanzia che a metà degli anni '90 portò «alla subalternità del potere politico rispetto a quello giudiziario». Il ministro della Giustizia, Roberto Castelli, arriva a Palazzo Madama per l'inaugurazione dell'anno giudiziario 2006 con un discorso di 15 pagine. E sin dall'inizio si capisce che non è sua intenzione limitarsi a una relazione «tecnica» sullo stato della giustizia. Tant'è che immediatamente i sentori dell'Unione presentano una mozione contro una relazione che - denuncia il diessino Guido Calvi - Castelli non ha avuto la «cortesia istituzionale» di far arrivare tempestivamente ai gruppi. Ma dopo aver letto quelle 15 pagine, che iniziano con la denuncia di «spinte oligarchiche» presenti in Parlamento, nel Paese e in Europa, e che poi si soffermano sul riforme compiute dal governo per «riequilibrare i poteri dello Stato», il dibattito al Senato si infiamma. Il centrosinistra accusa il ministro Castelli di essere «istituzionalmente responsabile del disastro della giustizia italiana» (Zancan, dei Verdi); di aver fatto «propaganda elettorale» (Dalla Chiesa, Margherita); di aver fatto diventare la giustizia «malata terminale» (Ayala, Ds). Il Guardasigilli prima si rammarica per un dibattito «non consono alla solennità dell'inaugurazione dell'anno giudiziario»; poi ribatte sul piano politico difendendo quelle riforme che «in cinque anni al governo voi della sinistra non avete avuto il coraggio di fare», senza lasciarsi condizionare «da poteri esterni» come le «telefonate e i messaggi che arrivavano durante la Bicamerale presieduta da D'Alema». Il dibattito sulla relazione del Guardasigilli, introdotta dalla riforma dell'ordinamento giudiziario, rinviata alle Camere dal Capo dello Stato ed approvata lo scorso luglio dopo quattro scioperi dei magistrati, si conclude con uno scambio reciproco di accuse. Oggi Castelli riproporrà lo stesso testo in aula alla Camera. Un testo che, tra l'altro, fa il punto sul «debito giudiziario italiano» e sugli effetti della «ex Cirielli» avrà sulla prescrizione di 35 mila procedimenti. La legge che modifica i tempi della prescrizione e inasprisce le pene per i recidici, infatti, alleggerirà il carico delle pendenze di 35 mila procedimenti. Ma il quadro della giustizia penale resta pesante: i «nuovi procedimenti» iscritti nel 2001 a carico di «noti» erano attestati intorno al milione 473 mila, mentre i relativi procedimenti pendenti al gennaio 2001 erano pari a circa 3 milioni 800 mila. Castelli ha spiegato che le cifre «aumentano considerevolmente» anche esaminando i procedimenti a carico di ignoti. I nuovi procedimenti ammontavano infatti, sempre nel 2001, a 3 milioni 500 mila con 5 milioni 800 mila pendenti. La giacenza media si attestava intorno agli 82 mesi. Le prescrizioni, dichiarate a causa della lunga durata, sono passate da 98 mila nel 2001 a circa 200 mila nel 2005. Diminuisce, invece, il numero dei procedimenti penali pendenti. Se nel 2001 erano 10 milioni 700 mila, oggi il totale ammonta a a meno di 10 milioni. «Quindi - fa notare il Guardasigilli - si conferma che, da qualche tempo il trend di crescita dell'arretrato è stato fermato e oggi assistiamo ad una trend in diminuzione sia in campo civile che penale. E un dato positivo, che va a merito, soprattutto degli operatori della giustizia».

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