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Anche al Csm dovranno «tirare la cinghia»

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Sembra destinato a chiudersi così il caso che a inizio mese aveva suscitato una vivace polemica nella quale era entrato anche il ministro della Giustizia Castelli, bollando come «inopportuna» «a fronte dei sacrifici degli italiani» la decisione del Consiglio. Tutto era nato dall'approvazione poco prima di Natale di una norma inserita nel nuovo regolamento di amministrazione e contabilità del Csm che rivedeva il rapporto percentuale tra l'indennità che spetta ai consiglieri per la partecipazione alle riunioni di plenum e quella che viene corrisposta per le sedute in Commissione e per le udienze della sezione disciplinare. Il documento nel suo complesso era passato con una votazione bulgara: 20 sì e quattro astensioni. Ma sulla disposizione in questione avevano dato battaglia i consiglieri del Movimento per la Giustizia e di Magistratura democratica. Ora il Csm si avvia di fatto a congelarla per tutto il 2006. Il Comitato di presidenza - cioè l'organo di vertice di Palazzo dei marescialli costituito dal vice presidente Virginio Rognoni e dai capi della Corte di Cassazione, Nicola Marvulli e Francesco Favara - ha proposto infatti di tagliare tutti i gettoni di presenza nella misura del 10 per cento sino a fine anno, allineandosi a quanto stabilito dalla Finanziaria; una decisione che significa la sospensione di fatto della norma contestata. A subire la decurtazione sarebbero dunque non solo gli attuali consiglieri che termineranno il loro mandato a luglio, ma anche chi ne prenderà il posto, almeno per i primi mesi. La proposta di Rognoni e dei vertici della Cassazione ha ricevuto il via libera dalla Commissione Bilancio, un organismo ristretto presieduto dalla leghista Mariella Ventura Sarno e composto dai togati Giuliana Civinini (Magistratura democratica) e Nello Stabile (Unità per la Costituzione). E già in settimana potrebbe arrivare all'esame del plenum, che dovrebbe licenziarla senza troppi problemi. «Siamo pienamente soddisfatti» dice Ernesto Aghina, togato del Movimento per la Giustizia, che aveva sollevato il caso giudicando «quantomeno inelegante» la scelta di procedere ad aumenti.

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