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Casini: «Dire sì all'indagine era un atto dovuto»

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L'Unione compatta: «È solo propaganda». Ma la proposta raccoglie critiche anche all'interno della Casa delle Libertà

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Accusa l'opposizione di averlo attaccato con polemiche «strumentali ed elettorali», e spiega che non avrebbe potuto negare il via libera all'indagine. «Come presidente della Camera ho avuto 68 richieste di indagine e ho risposto con 68 sì». Dire di no sarebbe stato «una specie di censura», dire sì era «un atto dovuto». Ma la decisione del presidente della Camera provoca una levata di scudi nel centrosinistra. Il leader dell'Unione Romano Prodi spera che l'indagine non serva a «fare propaganda». Dal punto di vista regolamentare, sostiene, non c'è nulla di criticabile; ma un'indagine del genere, con la legislatura agli sgoccioli, quanto durerà, «pochi secondi?». Il leader dei Ds Piero Fassino si dice «sconcertato» dal comportamento di Casini, a suo giudizio «molto scorretto». Il leit motiv della protesta del centrosinistra è che non c'era alcun bisogno di un'indagine parlamentare, visto che il Parlamento viene già informato ogni anno sull'attuazione della legge 194 con una relazione ufficiale del ministero della Salute. L'ultima, firmata dal ministro Francesco Storace, è stata presentata da poche settimane. «Perché non si discute subito dei dati presentati dal ministero?», chiede l'Unione a una voce. Fausto Bertinotti boccia l'iniziativa di Casini sostenendo che «non se ne sentiva il bisogno». Oliviero Diliberto accusa il centrodestra di voler mettere in piedi «un processo alla legge 194». Il leader dello Sdi Enrico Boselli accusa Casini di aver compiuto una mossa propagandistica per accreditarsi come «amico di Ruini» e chiede al centrosinistra di reagire compatto. Alfonso Pecoraro Scanio vede nella decisione di Casini «un bluff» determinato dal fatto che si avvicina la campagna elettorale. Il radicale Daniele Capezzone accusa il presidente della Camera di essere «un capofazione». «Un chiaro espediente per recuperare il voto cattolico», dice Antonio Di Pietro. Mentre Rosy Bindi, ex ministro della Sanità, cattolica ed esponente della Margherita, accusa Casini di aver agito non come presidente della Camera ma come leader dell'Udc. L'analisi di Franco Monaco, prodiano della Margherita, è che «Pera e Casini fanno goffamente a gara per accreditarsi con le gerarchie ecclesiastiche». A difendere il presidente della Camera è la gran parte del centrodestra, anche se con qualche distinguo. Scontata la solidarietà dell'Udc (espressa dal ministro Carlo Giovanardi, mentre l'ex segretario Marco Follini, pur riconoscendo a Casini di essersi comportato con correttezza, dice che l'aborto è un tema da trattare «in punta dei piedi»). Forza Italia con il sottosegretario Domenico Di Virgilio (responsabile del dipartimento di bioetica) avalla il via libera all'indagine. Ma qualche traccia della ruggine politica che c'è tra Udc e Forza Italia emerge nelle parole di Francesco Giro, responsabile per i rapporti con il mondo cattolico: a suo giudizio «non si rende un buon servizio alla nobile causa della vita sollevando un clamore assordante sulla legge 194 che infastidisce il cittadino comune». An affida al portavoce Andrea Ronchi la difesa della terza carica dello Stato, oggetto di attacchi «pretestuosi». La Lega Nord, assicura la deputata Francesca Martini, darà tutto il suo appoggio all'indagine parlamentare sulla legge 194. Scettico il liberale di Forza Italia Alfredo Biondi: «L'indagine parlamentare sulla legge 194 servirà a conoscere ma non a deliberare», visto che la legislatura è quasi terminata. Ma anche per Bruno Tabacci, deputato dell'Udc, l'indagine non è stata una buona idea: «Il rischio più grosso è che ad abortire sia la politica, visto il basso livello attuale».

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