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Comuni più poveri per il taglio Ici alle Chiese

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È quanto sottolineano i tecnici del servizio Bilancio della Camera, che sollevano dubbi anche su altre misure che dovrebbero portare maggiori entrate per lo Stato. In particolare i rilievi riguardano gli articoli con le nuove norme per contrastare l'evasione fiscale e quelle riguardanti l'ammortamento di avvio attività delle imprese. La norma sull'esenzione Ici è interpretativa, nel senso che chiarisce il fatto che sono esentate dall'imposta comunale non solo gli immobili per uso di culto, ma tutti quanti. Non ci sono innovazioni e per tale motivo il Governo, nel dibattito in Senato, aveva affermato che non ci sarebbero state minori entrate per i Comuni. Tesi questa respinta dall'Anci. E i tecnici del servizio Bilancio esprimono perplessità sulla neutralità finanziaria sostenuta dal governo. Innanzi tutto — affermano — è «ampliata la platea dei soggetti esenti», visto che ne beneficeranno non solo che Chiese che hanno sottoscritto un'Intesa con lo Stato ma anche «tutti gli enti non commerciali». «Ne consegue un aumento del rischio che, pur in presenza di una situazione di incertezza interpretativa, almeno parte degli immobili oggetto di esenzione applicasse regolarmente il tributo comunale. La norma interpretativa determinerebbe in tal caso minori entrate per i comuni, sul cui possibile ammontare appare opportuno vengano forniti chiarimenti». E rimanendo sempre ai bilanci dei Comuni, i tecnici della Camera sottolineano che un ulteriore aggravio per essi potrebbe arrivare dalla norma del decreto fiscale che prevede che i Comuni debbano partecipare all'attività di accertamento fiscale: infatti «è ipotizzabile supporre che i Comuni che non si avvalgono di società incaricate dell'attività di supporto ai controlli fiscali sui tributi locali predispongano una apposita struttura dedicata, dotata di personale qualificato e di strumenti operativi, con l'insorgenza di possibili maggiori oneri a carico dei bilanci comunali». Il servizio Bilancio della Camera fa poi alcune osservazioni che ricordano quelle recentemente avanzate dal Fondo monetario internazionale, a proposito di una certa aleatorietà per quanto riguarda le entrate per il 2006. Per esempio il decreto prevede maggiori entrate di 300 milioni da un maggior contrasto dell'evasione fiscale. Ora questa quantificazione, secondo i tecnici di Montecitorio, «non appare corredata degli elementi informativi, anche quantitativi, necessari per una puntuale verifica». E visto che questa voce di entrata serve per coprire alcune delle spese previste dalla FInanziaria, i tecnici concludono osservando che qualora non si realizzeranno del tutto gli obiettivi, la Finanziaria si troverebbe parzialmente scoperta. Analoghi dubbi riguardano le maggiori entrate che il decreto conta di realizzare attraverso la riforma della riscossione. Per i tecnici il governo ha fatto solo «ipotesi, senza fornire alcuna illustrazione degli strumenti che dovrebbero determinare un incremento della capacità di riscossione dei soggetti gestori». Infine un'osservazione riguarda la norma sul taglio delle facilitazioni per le imprese nell'ammortamento degli oneri di avvio attività. Dai tagli il governo conta di ottenere per il 2006 1.680 milioni. «La quantificazione delle maggiori entrate - ammonisce il servizio bilancio - appare sovrastimata a decorrere dal periodo di imposta 2006 in quanto non tiene conto di un effetto di minor gettito connesso al prolungamento del periodo di ammortamento dell'avviamento». Il minor gettito dovrebbe ammontare a circa «un decimo delle maggiori entrate attese».

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