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Il Secolo cambia pelle, la festa è una rimpatriata

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Con tanti di scherzi e lazzi come ai vecchi tempi. Tanto che l'amministratore delegato del giornale di An, il senatore Franco Servello, ad un certo punto sbotta: «La nostra regola era: li prendiamo solo se so' matti. Certo che li abbiamo presi proprio tutti». Dunque, il giornale di Gianfranco Fini cambia pelle. Va via la battuta di azzurro sotto la testata, e compare un giallo non troppo chiaro, che tende all'arancione. Il formato resta lo stesso, cambia il carattere e anche lo sviluppo del giornale diventa un po' più verticale. Non accadeva da dieci anni. Da quando, poco prima della svolta di Fiuggi, il giornale venne svecchiato un po'. Ora cambia pelle. Anche se in realtà, molto silenziosamente, ha già cambiato pelle. Nell'estate scorsa ha ospitato il dibattito interno al partito aperto con un editoriale dello stesso Fini («Ragionare e ripartire», 30 aprile). Ministri e leader interni si sono confrontati senza esclusione di colpi a suon di editoriali: un fatto inusuale per il giornale di An. E ancora prima aveva fatto segnare un'altra piccola svolta, quella di chiamare Flavia Perina, una donna, alla guida del giornale: un altro piccolo tassello che ha dato un po' di brio al Secolo. La nuova grafica è partita ieri dopo qualche settimana di prove in gran segreto. Non è stata fatta alcuna presnetanzaione, conferenza stampa, convegno. «A parlare deve essere solo il giornale» spiega la stessa Perina. Niente slogan, niente frasi ad effetto, niente progetti lungimiranti. «Andiamo in edicola tutti i giorni, quello che abbiamo da dire lo diciamo in edicola - spiega il direttore -. Non servono le megaconvention». Dunque, niente feste in discoteca. E niente nemmeno party su terrazze romane. Appena un brindisi nella sala riunioni. Appena per modo di dire. C'è Servello, e il viceministro Adolfo Urso. C'è Bruno Socillo, oggi direttore del Gr Radio Rai. Arriva trafelato Mauro Mazza, oggi alla guida del Tg2. In un angolo in bicchieri di plastica brindano Roberto Menia e Silvano Moffa, i due fedelissimi di Fini. Poi c'è Rita Marino, la caposegreteria del presidente, assiemeal braccio destro politico del vicepremier, Donato Lamorte. «Lamorte ci è vicina», grida entrando Mario Landolfi, ministro delle Comunicazioni, un tempo dirimpettaio di scrivania di Francesco Storace, ministro della Sanità. «Sono l'unico che non ha fatto carriera», dice Servello attaccando il suo discorso. «Tu l'avevi fatta prima di arrivare qui», dice Landolfi che è un fan dell'Inter nel cui cda siedeva il senatore milanese. L'amministratore del giornale parla, ricorda che «siamo tutti una famiglia, una grande famiglia». «Sì, una famiglia di fatto», lo interrompe Menia. Ringrazia quelli che sono venuti, e sottolinea che è necessario adesso un impegno di tutti più assiduo che mai: «siamo in un momento imporante e magico per il partito. An ha bisogno del Secolo e il Secolo ha bisogno di An. Dobbiamo tutti darci da fare per l'uno e per l'altro». E guarda con la coda dell'occhio Franco pontone, segretario amministrativo di An, il «nonno d'Italia», come lo chiamano in via della Scrofa (è il promotore della legge di istituzioni della relativa festa). «Vabbè, sarò anche il nonno del Secolo», ammette lui. E si finisce con Landolfi che con voce dall'Istituto Luce annuncia la svolta. F. D. O.

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