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Il premier e Fini accelerano sulla riforma elettorale. E fanno quadrato per evitare sorprese in aula

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«Nessuno perderà il collegio»

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La riforma va fatta, dicono all'unisono, anche perché altrimenti «le conseguenze politiche sarebbero inevitabili», dalla crisi della maggioranza alla fine anticipata della legislatura. Il premier poi ha rassicurato tutti i parlamentari che dovranno premere il tasto verde al momento del voto e che si vedranno in ogni caso sparire il proprio collegio. «Penso — li ha rincuorati Berlusconi — che ci siano assolutamente le garanzie di avere un posto certo nelle liste individuate dalle segreterie dei partiti per chi ha dei collegi dove ha vinto con un margine importante in precedenza rispetto all'avversario concorrente». Fini, invece, che già la settimana scorsa aveva incontrato i suoi parlamentari per perorare la causa della riforma, si dice sicuro che se defezioni ci saranno non verranno certo da An un partito in cui «esiste una certa disciplina per le decisioni prese». La Lega, invece, ieri ha preferito restare zitta. Fa fede quanto detto ieri da Roberto Maroni — si spiega nelle file del Carroccio — e cioè che «la riforma si vota perché c'è un accordo di maggioranza». Il tentativo di intesa nella maggioranza sulla riforma si fonda su un certosino lavorio a tutti i livelli: dai leader alle diplomazie ai tecnici. Tutto perché la settimana prossima, quando l'Aula si dovrà pronunciare, le cose dovranno filare assolutamente lisce o il banco rischia di saltare. Un segnale di distensione è sembrato arrivare con la decisione dei centristi di spostare l'accento dalla questione delle preferenze a quella dei possibili rilievi costituzionali. Sul primo punto, tra l'altro, gli sherpa della Cdl sarebbero vicini a un'intesa su quello che è già stato ribattezzato il «lodo Buontempo», dall'emendamento presentato dal deputato di An, e che prevede liste bloccate nel 2006, attraverso una norma transitoria, ma preferenza unica nel testo della legge a partire dalle elezioni successive, previste nel 2011. Altra questione è quella dei profili più problematici della riforma dal punto di vista del rispetto della Costituzione. Già ieri Follini aveva sollevato dubbi sull'indicazione del premier e ieri ci è ritornato Volontè. «Esistono ancora dei problemi — ha osservato il presidente dei deputati centristi — e ci sono dei dubbi sulla costituzionalità dell'indicazione del premier sulla scheda, quello sulla riduzione delle circoscrizioni e quello più ampio delle candidature plurime». I saggi della Cdl, però, che si sono visti ieri e si rivedranno stamani stanno lavorando per eliminare questi problemi. Per quanto riguarda l'indicazione del premier, ad esempio, come ha spiegato anche il capogruppo di An a Montecitorio La Russa, si tratterebbe di mettere a punto una formulazione in cui sia chiaro che il nome del candidato corrisponde a una «proposta» fatta al capo dello Stato che è poi quello che decide. Altre limature tecniche riguarderebbero il Senato dove si discuterebbe di un premio di maggioranza su base regionale e dell'introduzione di una soglia di sbarramento che potrebbe essere al 3 o al 4%. In serata Berlusconi ha incontrato i deputati di Forza Italia a Montecitorio. E con loro ha esaminato alcuni sondaggi che danno Forza Italia al 20-22%. Il calo del consenso di Forza Italia, che era al 30% «è stato causato — ha detto il premier — dalla disponibilità verso gli alleati che ci hanno messo la camicia di forza. Io ho ingoiato tutto per senso di responsabilità. Con pazienza enorme non abbiamo mai risposto». Poi ha attaccato Prodi: «Il suo è un programmino, non si sono mai viste tante banalità messe insieme, è tutto costruito su cose astratte. La sinistra non ha argomenti veri, quando passo io guardano dall'altra parte e non salutano. Ricoprono solo d'insulti». Un po' di preoccupazione è emersa quando ha parlato della situazione economica: «Siamo abbastanza preoccupati, ma la situazione non è drammatica». «La disoccupazione — ha aggiunto — è al 7% di cui il 4% lavora in nero. Trentuno milioni di italiani pagano meno tasse». Infine un passaggio sulla Finanziaria: il governo, ha d

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