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Casini ingrana la retromarcia

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Indietro tutta. E apre un canale di trattativa con Berlusconi. Tanto che un centrista casiniano di rito berlusconiano come Emerenzio Barbieri può sentenziare in serata: «È pace fatta». Ma tra chi? Per lui, fedelissimo del ministro Giovanardi, la pace può essere solo una: quella tra Casini e Berlusconi. Al punto che il deputato dell'Udc si lascia anche andare: «Adesso dobbiamo solo fare quello che ci chiedono i nostri elettori, quelli di tutta la Casa delle Libertà, tutti uniti e ventre a a terra per vincere le elezioni». Dunque Casini ha deposto le armi. Non andrà ancora avanti nel duello con il Cavaliere. Incassa l'intesa sulla legge elettorale, anche se ci sarebbe ancora da fare qualche limatura. E anche se Follini avrebbe preferito accantonarla per «evitare di lacerare ulteriormente il Parlamento» e soprattutto per non rompere i ponti con il centrosinistra che proprio ieri ha ribadito che farà guerra totale sul proporzionale. Non solo, il presidente della Camera sembra anche pronto a fare un passo indietro sulle primarie, che invece sono particolarmente care al segretario del suo partito. La consultazione si farà, a questo punto non è possibile fare marcia indietro. Ma probabilmente si trasformeranno in una sorta di convention all'americana, una grande festa di incoronazione per Berlusconi. Il tutto avverrà all'inizio del 2006, per lanciare la campagna elettorale. E per «mobilitare al massimo il nostro elettorato», come sottolineano in via Due Macelli. Casini quindi sembra disponibile a rinunciare alla data del 10 dicembre che era stata richiesta da Follini appena due giorni fa. E preferirebbe venire incontro alle richieste di Berlusconi, che spinge perché le primarie o la convention, insomma quel che sarà, si debba fare dopo la consultazione interna al centrosinistra, dopo la prevedibile e successiva lacerazione nell'Unione, e dopo la Finanziaria. Casini tratta con Berlusconi. Non a caso nel suo ufficio ieri sono entrati per due distinti colloqui prima Carlo Giovanardi e dopo Rocco Buttiglione. Cioè i due ministri dell'Udc considerati più vicini al Cavaliere. E il duo dei berluscones spinge il presidente della Camera ad un accordo più complessivo con il premier, più duraturo e che gli consenta di uscire dall'angolo in cui l'ha trascinato Follini. Già, Follini. Ieri i due «gemelli del gol» sin dai tempi della Dc non si sono scambiati nemmeno una parola. Dalle parti di Follini si parla di «rottura» nei confronti di Casini. Gli uomini del principale inquilino di Montecitorio dicono invece che con il segretario dell'Udc c'è «solo una diversità di vedute». D'altro canto, si sa, i due hanno anche animi diversi. C'è chi ricorda come sin dai tempi della Democrazia Cristiana uno, Casini, era sempre aperto al recupero del rapporto umano dopo le divisioni; l'altro, Follini, invece era più incline a portare le situazioni verso le spaccature. Stavolta non gli è andata bene, perché si ritrova mezzo partito contro. Non a caso sono circolate insistentemente voci di imminenti dimissioni del leader del partito di via Due Macelli. Dimissioni che s'intravedono all'orizzonte ma al momento sono da escludere: appena due mesi fa il segretario è stato riconfermato alla guida del partito all'unanimità, altro che primarie. E sono da escludere anche perché se è vero che la linea del segretario è stata battuta, non basta perdere la prima battaglia per considerare finita la guerra. Berlusconi incassa. Follini, che è stato rinchiuso nel suo ufficio al partito, per il momento s'allinea. E infine anche Prodi deve ammettere: «L'avversario più forte è Berlusconi perché se smonta lui succede l'ira di Dio...».

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