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L'Unione dopo i gay litiga anche sui radicali

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Tensioni sulla proposta di allargamento ad altre forze politiche. Ds e Udeur ai ferri corti sulle primarie

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Romano Prodi è furibondo. Alla fine del primo vertice dell'Unione del dopo vacanze, è visibilmente infastidito per come sono andate le cose. La polemica con i cattolici sulle unioni gay è come un mattone sulla sua testa. Cerca disperatamente di scrollarsela di dosso, rinnega Zapatero, afferma che l'introduzione dei Pacs in Spagna si deve ad Aznar e non a lui. Sottolinea con passione da fervente cattolico che lui ha parlato sempre, «fin dal 21 luglio» e «chiaramente» solo dei «Pacs e non di qualcosa che possa avere a che fare lontanamente con il matrimonio, la famiglia o, addirittura, le adozioni». Non pronuncia mai la parola «gay» e si dice «profondamente dispiaciuto» di questo equivoco. Ma anche la discussione sui radicali «sì o no» gli ha rovinato la giornata. Al termine della lunga riunione a piazza Santi Apostoli il leader della Margherita Rutelli è l'unico ad uscire con il volto gelido e senza quasi proferire parola. «Vi farò avere delle comunicazioni», si limita a dire il presidente dei Dielle salendo in macchina. In serata la nota della Margherita definisce «una polemica strumentale quella rivolta a Romano Prodi a proposito della regolamentazione delle unioni civili». Ma puntualizza: «Il centrosinistra non arriverà mai ad una posizione simile a quella del governo spagnolo, per due semplici motivi: perchè essa sarebbe incompatibile con la Costituzione, e perchè una simile linea non potrà essere condivisa nell'Unione». Rutelli quindi mette i puntini sulle «i», ribadendo quindi il suo «no» alle unioni civili che scimmiottano la famiglia fondata sul matrimonio e punta ad una regolamentazione con «contratti» ad uso privato. Insomma, il punto per la Margherita è ancora al centro di un dibattito (Fioroni e Lusetti sono con Rutelli, Marini si dichiara d'accordo con Prodi e Monaco attacca Mastella), che forse si chiarirà oggi nel corso dell'esecutivo del partito. Rutelli, infatti è certamente contrario, al pari di Mastella, ad alienarsi anche parte del credito acquisito presso la Chiesa con l'atteggiamento assunto nel referendum sulla procreazione. La questione è delicata, e potrebbe anche riaprire divisioni che le ultime settimane, culminate con l'idillio alla festa dell'Argentario, sembravano aver sepolto. E se Prodi «spiega» la sua posizione e Antonio Satta dell'Udeur, nel corso della riunione, sembra «prender atto» della situazione, Mastella non torna indietro e ribadisce che «sui Pacs» potrebbe «anche rompere l'accordo politico con Prodi». «Mi auguro - conclude il leader dell'Udeur - che Prodi metta da parte questa questione e che la ponga in Parlamento ma non sul piano programmatico». Se sui gay tutti gli altri sono d'accordo (Verdi, Ds, Di Pietro e Bertinotti) sulla questione radicale come sull'apertura al Nuovo Psi, è già guerra. E c'è da registrare anche una bacchettata di Fassino all'Udeur sulle regole delle primarie. Sull'allargamento ai radicali parlano tutti i leader. Per Boselli sarebbe un «arricchimento». Massima apertura da Piero Fassino e Fausto Bertinotti, disponibili all'ingresso dei radicali nell'Unione nonostante la distanza dal movimento di Pannella sui temi economici e sociali. Anche Di Pietro è d'accordo: «Tutto quello che accresce la coalizione fa bene». Nettamente contrari, sia l'Udeur che i Verdi. Il partito di Mastella rimarca la contrarietà all'ingresso dei radicali nella coalizione per motivi di distanza tra il partito del Campanile e quello di Pannella sui temi etici. Pecoraro Scanio invece fa un discorso più concreto - racconta uno dei partecipanti - sostenendo che «non si possono dividere i seggi con tutti». Una posizione sfumata quella tenuta sia dal Pdci e da Rutelli che non dice nè sì nè no ad un eventuale ingresso dei radicali.

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