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Domenico resta solo, ora tutti lo accusano

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Guardato con sospetto dalla maggioranza che gli spara contro: così favorisce l'opposizione

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Come a sottolineare le sue amicizie politiche trasversali, quasi tentacolari. Ma ora il tecnico che doveva dare una spallata alla finanza creativa e imporre un nuovo corso nella politica economica, può vantare davvero pochi amici, almeno nella maggioranza. Dopo il duro attacco a tenaglia sferrato dal vicepremier Tremonti e dal consigliere economico di Palazzo Chigi Renato Brunetta (insolitamente alleati) Siniscalco appare chiuso nel ministero di via XX Settembre come in un bunker. Sotto accusa è il Documento di Programmazione economico che lui ha presentato come un virtuoso esempio di politica economica di respiro europeo ma che per Tremonti è un testo «da seminario» e per Brunetta «è solo un indice senza contenuti e impegni politici». E siccome è difficile pensare che il vicepremier e il consigliere economico abbiano deciso di sparare a palle incatenate senza essere prima sicuri di interpretare così il pensiero di Berlusconi, ma solo per il gusto di togliersi qualche sassolino dalle scarpe, appare ormai chiara la solitudine in cui si trova Siniscalco. C'è chi sostiene che il Dpef sia piombato sul tavolo di Tremonti e di Brunetta come un fulmine a ciel sereno. Nessuno dei due sarebbe stato coinvolto nella stesura e nemmeno aggiornato sui singoli passaggi. Siniscalco ha preferito fare di testa sua, gli viene rimproverato nel governo, ascoltando solo Bruxelles. «Ma Bruxelles mica va a votare il prossimo anno» ha sbottato un ministro quando si è trovato tra le mani il Documento. E non è molto distante da quanto ha detto Berlusconi e esternato ai suoi fedelissimi. «Con questo non vinciamo». Poche parole che suonano come il de profundis per Siniscalco e che hanno dato la stura all'antipatia di Tremonti e Brunetta verso il ministro-tecnico. E non è solo una questione personale. Non c'è solo la rivincita di «Giulio il terribile» che nel luglio scorso ha dovuto fare un passo indietro e ha visto nel giro di pochi giorni sulla sua poltrona quel Siniscalco che lui stesso nominò direttore generale del Tesoro. Non c'è solo questo. Siniscalco è stato sempre visto come un corpo estraneo al governo e alla maggioranza. «Ma di lui ci possiamo fidare?» avrebbe chiesto perplesso Follini al momento della designazione rimproverando Fini di aver chiesto la testa di Tremonti. Tremonti, peraltro, è quello che meglio conosce Siniscalco. Entrambi sono cresciuti nella nidiata di brillanti economisti che ruotava attorno all'allora ministro delle Finanze di area socialista, Franco Reviglio. I due nascono insieme politicamente e non si perdono d'occhio anche se perseguono strade diverse. Siniscalco, consigliere d'amministrazione di diverse società tra cui Eni e Telecom Italia, si crea negli anni un bagaglio di amicizie ovunque. Tanto che che il suo nome nel 2001 compare quale candidato del centrosinistra al Comune di Torino. Non solo. Il ministro è anche nel comitato scientifico della Fondazione Italianieuropei di Massimo D'Alema e Giuliamo Amato. Tanto basta per attirargli sin dall'inizio la diffidenza dei colleghi di governo. E ora che attorno a lui è terreno bruciato rimbalza il tam tam che Siniscalco ha fatto un Dpef a uso e consumo dell'opposizione. Di veleno in veleno si fa largo l'ipotesi di un suo commissariamento di fatto. Non avrà più mani libere, sarà un ministro a libertà vigilata. Vigilata da Tremonti, naturalmente.

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