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Rutelli esulta, il Professore torna sulla graticola

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In crisi il leader dell'Unione che però ammonisce: «Questa non può essere una questione politica»

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La giornata che ha visto consumarsi un flop largamente annunciato dalle prime percentuali sull'affluenza diffuse domenica dal Viminale, ha riproposto senza alcuno sconto i motivi di polemica che tengono banco da qualche settimana in seno all'opposizione. Primo fra tutti, il braccio di ferro tra Prodi e Rutelli che, stando ai solenni annunci fatti dal Professore nei giorni scorsi, dovrebbe risolversi non più tardi della prossima settimana. Appare indubbio che l'esito del referendum porterà allo show-down di Piazza Santi Apostoli un Francesco Rutelli rinfrancato, dopo l'offensiva mediatica lanciata da Prodi e dai suoi nello scorso week-end, dopo la diffusione del sondaggio dell'Istituto Piepoli sulla forza elettorale di un'eventuale lista-Prodi. Non a caso, un rutelliano-mariniano doc come Giuseppe Fioroni ha invocato un celere chiarimento interno al suo partito e alla coalizione, proprio nel momento in cui l'elettorato «reale» — come lui stesso ha voluto sottolineare — ha dimostrato di essere in sintonia con la scelta astensionista dell'ex-sindaco di Roma. Da parte sua, Prodi può contare sui rinnovati attestati di lealtà degli uomini della Quercia, che però, attraverso il dalemiano Giuseppe Caldarola, che ha condannato le pulsioni scissioniste di Prodi, sembrano sollecitare anch'essi una rapida soluzione del contenzioso. Certo è che, qualora la situazione si dovesse fare ancora più calda, il risultato referendario ha ulteriormente serrato i destini dei Ds a quelli di un Professore passato definitivamente nel campo laico-riformista. All'interno dell'Unione adesso è bagarre. Sembra sempre più difficile arginare Francesco Rutelli, rinforzato dalla vittoria referendaria. Il Professore, tuttavia, ha tenuto a scansare qualsiasi ripercussione politica della consultazione sulla fecondazione assistita. «Nessuno può trarne conseguenze politiche — ha detto Prodi. Sarebbe come umiliare un tipo di domanda profonda che è stata fatta». Prodi ha ribadito che il dovere di votare è connaturato alle funzioni pubbliche dei politici: «Ritengo, anche dopo il risultato del referendum, che un uomo pubblico impegnato in politica, quando viene chiamato a votare debba andare a votare». «Questo — ha sottolineato il leader dell'Unione — è un referendum su un tema profondo che riguarda le nostre convinzioni di fondo. Non l'abbiamo mai voluto politicizzare e non può essere politicizzato. Ripetutamente ho chiesto un riesame parlamentare della legge: non si doveva affrontare un problema così complesso con i referendum». L'astensionismo ha fatto tornare di moda le critiche all'istituto referendario. Questo lo ha osservato anche Prodi: «Serve una riflessione generale. Siamo arrivati al referendum e, come in tutti gli ultimi referendum, non si è raggiunto il quorum. Ne traggo una conseguenza: dobbiamo fare una riflessione generale sull'istituto del referendum». Prodi ha ribadito: «Io sono andato a votare, l'ho dichiarato prima ancora che ne nascessero polemiche». Quanto è importante la fede religiosa per Romano Prodi? «Per me è molto importante», ha detto. «Ma su questi temi — ha aggiunto — occorre molta prudenza. La discrezione e la riflessione fanno parte della religiosità». Diametralmente opposto il Rutelli-pensiero. Il referendum, per il leader della Margherita è stato «una grande prova di buon senso degli italiani. Provo un rispetto sincero per chi ha votato sì, ma si conferma l'errore di avere organizzato referendum che radicalizzano». Oggi, intanto, a piazza Santi Apostoli, si terrà la prima verifica dell'Unione tra Prodi, Rutelli e Fassino. Il Professore, infine, in una lettera agli elettori, ha ribadito di non aver mai pensato a un partito unico, ma solo a un soggetto politico nuovo: «Per affrontare i problemi del Paese serve un soggetto politico — e, lo ripeto, non ho mai detto partito u

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