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D'Alema fa arrabbiare tutta la sinistra

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Il più duro, ieri a Montecitorio, è stato il responsabile Esteri di Rifondazione comunista Ramon Mantovani, membro della Direzione nazionale del partito di Bertinotti: «La dottrina D'Alema - dice al Velino - è una dottrina sbagliata, infondata e pericolosa. La promozione della democrazia è un processo che sorge all'interno dei popoli e non può essere esportata, tantomeno con le armi e tantomeno da paesi che hanno sempre utilizzato due pesi due misure». Non molto diverso il giudizio di Paolo Canto, coordinatore nazionale dei Verdi: «A D'Alema dico che un nuovo Kosovo, nel futuro governo dell'Unione, non sarà più possibile. Quindi, più che concentrarci su un dibattito relativo all'uso della forza mi pare più utile l'altra sollecitazione che D'Alema ha fatto, circa il ruolo dell'Europa come soggetto capace di rompere il monopolio americano e creare un multilateralismo efficace. Se la competizione con gli Usa, però, la facciamo sull'uso della forza, siamo destinati a perdere in partenza». Storce la bocca anche un compagno e vecchio amico di D'Alema, esponente della minoranza della Quercia: «Io propongo una riflessione che parta da un quesito diverso - dice Mussi - Perchè nessuno dice: non si può escludere dalla politica internazionale l'uso della ragione. Da questo potrebbero derivare delle considerazioni utili, come la critica alla spaventosa fase riarmistica che stiamo vivendo. Io so benissimo - aggiunge - che non si può escludere in linea di principio l'uso della forza, quello che mi sentirei di escludere è che chiunque possa riconoscere a un paese, per quanto potente o potentissimo, il diritto unilaterale al ricorso alla forza, ma in un quadro rigoroso di diritto internazionale».

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