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Ogni proposta dei ministri dovrà passare all'esame di un pool di economisti designati dal vicepremier

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Pronto il decreto per definire le deleghe del Dipartimento dell'Economia di Palazzo Chigi. La struttura sarà allargata Tremonti commissariato dai Fini's boys

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Ogni decisione, proposta, progetto dovrà passare sotto le forche caudine del Dipartimento dell'Economia di Palazzo Chigi. E questo varrà anche per Giulio Tremonti. Il decreto su quella che si prefigura come la vera e propria cabina di regia del vicepremier Gianfranco Fini per la politica economica, è pronto e sarà esaminato nel prossimo consiglio dei ministri. A sentire gli esperti della Presidenza del Consiglio non si tratterà nè più nè meno di un organismo di raccordo tra i singoli ministeri e Palazzo Chigi ma di fatto si prefigura come una sorta di cruna d'ago attraverso la quale dovranno passare tutte le proposte di cui si valuteranno le conseguenze sulla politica economica del governo. Esattamente quello che temeva Tremonti. In sostanza il Dipartimento avrà le stesse funzioni del Dipartimento per gli Affari Giuridici. Il che vuol dire che i provvedimenti presentati dai singoli ministeri potranno essere ammessi all'esame del Consiglio dei ministri solo se saranno stati esaminati dal Dipartimento dell'Economia. Questo non avrà potere di veto ma potrà indicare delle soluzioni alternative che ritiene più vantaggiose. Quindi mentre finora la logica che regolava le decisioni era quella del prendere o lasciare ora ci sarà un ulteriore passaggio in cui le proposte dei ministri saranno messe ai raggi x per vedere se sono vantaggiose dal punto di vista economico o se possono essere cambiate. Nessun potere di veto ma la possibilità di condizionare l'iter dei provvedimenti. Sarà infatti molto difficile in Consiglio dei ministri non tener conto delle osservazioni e delle critiche del Dipartimento. La struttura, ora ridotta all'osso, sarà rimpolpata con l'innesto di una decina di esperti che si aggiungerebbero ai dodici attuali. Ci sarà anche una sterzata nei settori d'interesse del Dipartimento privilegiando la politica redistributiva dei redditi e quella industriale. È possibile quindi che alcuni tecnici che ora si occupano di economia internazionale vengano riconvertiti. Tutto l'interesse infatti sarà focalizzato sulla politica economica nazionale. Inoltre ci sarà un consiglio di esperti di circa 5-6 membri. Il modello a cui Fini vuole ispirarsi è quello americano del Council of Economic Advisors e sarà diverso dal Dipartimento del governo D'Alema. Quella struttura infatti serviva più che altro a elaborare documenti mentre in questo caso si vuole incidere sul processo decisionale. Tant'è che il Dipartimento avrà accesso alle banche dati e agli archivi dei ministeri per essere maggiormente operativo. Il pool di economisti potrebbe entrare in funzione a stretto giro di tempo e cominciare ad affrontare temi spinosi a cominciare dal fisco. E qui già potrebbe profilarsi un braccio di ferro con Tremonti. Al Dipartimento infatti sarebbero critici verso una riduzione delle dotazioni alle imprese per finanziare l'abbassamento delle aliquote ai redditi medio bassi, perchè porterebbe ad un calo degli investimenti. Meglio invece vendere più immobili pubblici, sarebbe la proposta alternativa da mettere sul piatto. Altro tema spinoso sul tappeto è quello del Documento di Programmazione economico e della politica di sviluppo. Da affrontare anche le grandi crisi industriali a cominciare dall'Alitalia. Tutti punti su cui le posizioni di Fini e Tremonti sono profondamente divergenti. Bisognerà vedere quindi se il Dipartimento sarà un'utile stanza di compensazione per smussare le diverse posizioni o un momento ulteriore di scontro nel governo.

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