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Il Csm non vuole concorsi separati

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I magistrati chiedono anche l'autonomia totale della loro Scuola

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È il messaggio che Palazzo dei Marescialli si appresta a rivolgere al Parlamento nella sua relazione annuale alle Camere che verrà discussa dal plenum del Csm mercoledì prossimo, alla presenza del ministro della Giustizia, Castelli. La relazione era stata messa a punto ed approvata dalla Commissione Riforma del Csm nel dicembre scorso. Ma vista l'importanza dell'atto, in questi mesi è stata sottoposta al vaglio di tutti i componenti del Csm, per eventuali modifiche. Si tratta di una novantina di pagine, dedicate alla questione della formazione di giudici e pm e in cui ci sono riferimenti espliciti alla riforma dell'ordinamento giudiziario così come approvata dal Senato. È proprio rispetto a questo intervento legislativo che il Csm sottolinea «la priorità di un programma di riforma che punti sulla formazione dei magistrati», che costituisce «uno strumento fondamentale per garantire l'effettiva indipendenza e autonomia» di giudici e pm e «per elevare qualitativamente il servizio reso dalla magistratura alla comunità». Della riforma licenziata dal Senato, il Csm contesta apertamente alcune delle scelte compiute. Come quella di aver previsto di fatto «una duplicità di concorsi» per l'accesso in magistratura, diversi per giudici e pm. Un'innovazione che «sembra scarsamente funzionale all'obiettivo prefisso», quello di «privilegiare una valutazione di attitudine specialistica alle funzioni», visto che finirà per cancellare l'attuale tirocinio generico, in cui sperimentare entrambe le funzioni, con il risultato che «l'unico vaglio di adeguatezza alle funzioni sarà costituito dal momento concorsuale». Ma che è anche «incoerente» con il sistema della formazione pre- concorsuale delle Scuole di specializzazione, il cui obiettivo formativo principale «è esaltare i caratteri culturali comuni delle professioni di magistrato, giudice e pubblico ministero, ed avvocato». Oltre che sul concorso di accesso, il Csm pone i suoi «paletti» sulla formazione che deve accompagnare tutta la vita professionale del magistrato. Non ci deve essere «imposizione di modelli di comportamento o valori precostituiti, che finirebbero inevitabilmente per intaccare l'autonomia» di giudici e pm, avverte il Consiglio. E alla Scuola della magistratura va assicurata «ampia autonomia, riconoscendole libertà di programmazione e di gestione dei corsi e indipendenza culturale».

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