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di FABRIZIO DELL'OREFICE È L'UOMO tra due fuochi, al centro dello scontro tra Fini e Tremonti.

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Ministro, ma lei da che parte sta? «Dalla parte di Alleanza nazionale, quindi dalla parte degli italiani». Allora è contro Tremonti? «Tremonti è un ministro del governo, di cui faccio parte. Posso mai essere contro il mio governo?». Ma il ministro dell'Economia non vuole cedere alcune deleghe a Fini. Lei che cosa pensa? «Ripeto: sono dalla parte di An e quindi dalla parte degli italiani. Inutile che insiste, ad altre domande sulla questione non rispondo. È materia che compete ai leader». Allora, mettiamola così: Berlusconi vuole ridurre tutte le aliquote Irpef mentre Fini chiede di cominciare da quelle più basse. Che cosa bisogna fare? «Guardi, si fa una grande confusione. Nel merito sono assolutamente d'accordo». Ma questa è una novità? «Sa qual è la notizia? Che Berlusconi ha detto che realizzerà il programma del governo Berlusconi. Ecco, questa è una novità assoluta nel panorama della politica italiana. Tanto per cominciare, la sinistra non ci crede e non sa che fare. Quindi, dice menzogne». È sicuro? Fini non sembra tanto d'accordo... «Non mi sembra proprio. Fini ha solo riaffermato quello che abbiamo scritto nero su bianco nel primo Dpef e nella successiva Finanziaria. Ovvero, che la riduzione delle tasse deve avvenire progressivamente partendo dai ceti più bassi a salire. Non vedo dov'è lo scontro». Lo scontro è proprio da dove cominciare, o no? «No. Allora, riepiloghiamo altrimenti non si capisce più nulla». Riepiloghiamo, ministro. «Nel programma elettorale della Cdl c'è scritto che il governo porterà a due le aliquote Irpef: una al 23% per i redditi sotto i 100mila euro, e una al 33% sopra i 100mila euro. Ora, val la pena di ricordare che nella prima aliquota rientra l'80 e nella seconda appena il 20%». E questa riduzione quanto costa? «Secondo le nostre stime tutta la riforma costa 29 miliardi di euro. Il primo modulo è costato i primi 5,5 miliardi. Adesso bisogna fare il resto». E siamo al punto: come? «Ora dobbiamo portare le aliquote del 29 e del 31 al 23% e quelle del 45 e del 39 al 33%». E quanto costa? «È un'operazione da 23 miliardi di euro circa, il 10% di gettito in meno per i redditi alti e il 30% in meno per quelli medio bassi». Ma Berlusconi parla di soli 12 miliardi di euro? «Attenzione, io sto parlando di ciò che si deve ancora fare di tutta la riforma. Ma abbiamo due anni a disposizione. Una parte nel 2005 e un'altra nel 2006». Che cosa si farà subito? «Ecco, questo è oggetto di valutazione. A marzo è stato avviato il lavoro di ricognizione sul Dpef che, contrariamente a quel che si crede non viene scritto in una notte. A fine mese avremo un quadro più completo e si potranno compiere le scelte politiche del caso. Mi limito solo a ricordare che quello seguito è il metodo progressivo dai ceti più bassi a salire». Ministro, i soldi? Da dove si prendono? «Non incorriamo in ragionamenti di tipo ragionieristico, stiamo parlando di economia». E che cosa vuol dire? «Voglio dire che il reperimento delle risorse avverrà lungo tre direttrici». La prima? «Contenimento della spesa corrente in particolare quella per gli acquisti di beni e servizi della Pubblica amministrazione. Nel 2003 è stata bloccata la Consip e la spesa pubblica è salita del 8%. Ma penso anche alla spesa farmaceutica». Tagli alla sanità in arrivo? «Senta, spendiamo 16 miliardi di euro all'anno solo per i farmaci e non credo che gli italiani stiano troppo male. Lo dico chiaramente: ci sono delle vere e proprie truffe. Stiamo facendo uno screening e saltano fuori ricette ginecologiche prescritte a uomini di settant'anni. E mi fermo qui. Vedrete come scenderà quella cifra». E la seconda? «I trasferimenti alle aziende pubbliche. Penso alle Ferrovie che ricevono contributi dallo Stato. Dobbiamo scegliere: o paga il contribuente con le tasse o l'utente con le tariffe». La terza?

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