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«Il flop di Aznar potrebbe mutare gli equilibri Nato»

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Che cosa succederà sul piano internazionale? «La sconfitta dei popolari di Aznar potrebbe mutare l'assetto dell'Europa. Il 28 giugno a Istanbul, dalla conferenza dei paesi della Nato potrebbero uscire molte modifiche all'attuale situazione interna alla Nato: lo vedremo presto». E la posizione del governo italiano, dopo il «via dall'Iraq entro il 30 giugno» di Zapatero, subirà dei mutamenti? «La linea del governo italiano non è cambiata. Prima di tutto bisogna dire che la data del 30 giugno è discutibile perché esiste anche una seconda opzione che parla del 15 ottobre... In ogni caso il nostro governo ha ribadito quanto aveva sostenuto e scritto il diessino Gavino Angius al Senato prima il passo indietro di Luciano Violante alla Camera. E cioè che entro il 30 giugno dovrebbe insediarsi il nuovo governo iracheno, che però non può venir fuori da un risultato elettorale, quindi bisogna ancora studiare (il dibattito è aperto) come verrà nominato il suo primo ministro. A questo punto sarà necessario che l'Onu ritrovi un ruolo centrale per garantire sicurezza e normalizzazione in modo da traghettare l'Iraq fino alle elezioni, alla fine dell'anno prossimo. Se questo processo avverrà in questi termini, noi chiederemo di restare, con le nostre truppe, per aiutare l'Onu a svolgere il suo compito». Ma la lotta contro il terrorismo non esce indebolita da ciò che è avvenuto in Spagna? Oggi siamo più isolati in Europa? «Non si può negare che in Spagna il terrorismo internazionale abbia ottenuto il suo risultato. Ha vinto. Il terrore ha mutato l'equilibrio politico del paese. Si è visto anche dall'elevato numero dei votanti. La paura e l'orrore hanno scosso anche chi magari non si è mai accostato alle urne ed ha voluto solo protestare. Proprio per questo l'appello berlusconiano a combattere uniti contro tutti i terrorismi è più attuale che mai. Hanno detto che la strage di Madrid rappresenta l'effetto dell'invio delle truppe spagnole in Iraq, quindi meglio torglierle subito. Ma nessuna forza politica civile può accettare, o meglio giustificare, quanto accaduto in Spagna. Anche gli antiamericanismi della marcia del 20 marzo non hanno senso. La lotta democratica al terrorismo si combatte senza se e senza ma». Insomma, siamo tutti in prima linea? «Sì, ma c'è ancora chi la pensa diversamente. Invece, non esiste più un terrorismo ideologico definito, solo un network del terrore in cui si inseriscono realtà locali. C'è Al Qaeda e ci sono reti terroristiche locali che le forniscono sostegni logistici e tecnologici. In Spagna c'è l'Eta, mentre da noi non esiste una vera struttura ideologizzata, dopo che il governo ha battuto le ultime Br. In Italia sembrerebbe quindi meno possibile per il network mondiale del terrore trovare referenti locali».

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