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Portavano soldi all'estero e li riciclavano

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Le indagini condotte dal pm di Firenze Canessa. 106 gli indagati. Prendevano dal 6 al 20 per cento

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A scoprire tutto è stato il pm di Firenze Paolo Canessa: che ha ricostruito le fila di un sistema, parallelo ai canali legali, di raccolta di ingenti disponibilità di denaro da trasferire all'estero. Così ieri mattina 420 uomini della Guardia di Finanza hanno attuato l'operazione «Fido»: hanno setacciato in dodici regioni italiane 169 uffici e abitazioni di un centinaio di promotori finanziari della Fideuram e di una decina di loro clienti. Il meccanismo, alla cui individuazione hanno lavorato per circa otto mesi gli investigatori del Gico (Gruppo investigativo sulla criminalità organizzata) e del Nucleo regionale della polizia tributaria della Toscana, avrebbe consentito la realizzazione di alcune centinaia di operazioni di trasferimento di fondi all' estero, soprattutto in Svizzera, per un ammontare di «svariati milioni di euro». Il tutto, secondo le Fiamme gialle, a cura di 97 promotori finanziari della Fideuram che avrebbero utilizzato sia sistemi tradizionali (come il trasporto a mano oltrefrontiera) che meccanismi finanziari e telematici più moderni. Operazioni, ad esempio, come le cosiddette «compensazioni» bancarie, compiute attraverso i canali istituzionali della banca e appoggiandosi alla sede svizzera dell'istituto - Fideuram Bank -, dove lavoravano o avevano lavorato cinque dei 97 promotori indagati. Tutto questo senza che, per quanto la Guardia di finanza abbia finora accertato, l'istituto bancario del gruppo San Paolo-Imi fosse al corrente di niente. L'attività svolta da Banca Fideuram «in Italia, nonché quella svolta all' estero delle società del gruppo, viene effettuata nel pieno rispetto delle normative», ha precisato in una nota l'istituto, mentre, in seguito alla notizia delle perquisizioni, il titolo perdeva in borsa a Milano il 4,61% (scendendo a 4,86 euro). «Pur non conoscendo al momento i contenuti dell' indagine in corso» aggiungeva la nota, l'istituto «presterà la massima collaborazione alle autorità inquirenti al fine di chiarire ogni aspetto della vicenda». Gli indagati finora sono complessivamente 106. Per i 97 promotori Fideuram si ipotizza il reato di abusivismo finanziario, previsto dalle norme del decreto numero 58 del 1998, con pene fino ad un massimo di quattro anni di reclusione. Fra di essi figurano anche i cinque funzionari che, lavorando nella filiale svizzera della banca, avrebbero collaborato al trasferimento illecito dei capitali dall'Italia. Uno dei 97, un fiorentino, è indagato anche per riciclaggio. Il riciclaggio è ipotizzato poi nei confronti di sette persone, tutti clienti che avrebbero affidato ai promotori fondi che, secondo la finanza, sarebbero provento di attività illecite come l'evasione fiscale. Infine l'inchiesta vede altre due persone, fra cui un noto faccendiere di Vigevano, indagate per usura: gli investigatori avrebbero elementi per sostenere che i fondi inviati all'estero erano frutto di usura. Almeno il 20% dei fondi portati all'estero con questo sistema clandestino avrebbe preso quella direzione per approfittare del cosiddetto Scudo fiscale: capitali in nero sarebbero usciti e poi rientrati per avere una legittimazione. In questo caso con la complicità di funzionari svizzeri che avrebbero retrodatato l'arrivo dei fondi per poter consentire di beneficiare della normativa per il rientro dei capitali. Il colonnello Andrea De Gennaro, comandante del Nucleo regionale di polizia tributaria della Toscana, ha detto che per queste loro operazioni i promotori finanziari avrebbero ricevuto dai clienti percentuali fra il 5 e il 20% delle cifre esportate, a seconda della provenienza dei fondi e della difficoltà dell'operazione. Le indagini sono andate avanti con la collaborazione della Consob.

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