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Scelli: «Andare via umilierebbe gli iracheni. Attenti, si rischia di togliere aiuti ai bimbi»

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Intervista con il commissario straordinario dell'associazione italiana: «Restiamo a Baghdad, sono loro che ce lo chiedono» La Croce Rossa accusa la sinistra sull'Iraq

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Sono davvero incomprensibili. Affermare che è meglio ritirarci dal Paese è come invitare gli iracheni a cena una sera e poi rinfacciarglielo per un anno intero tutti i giorni». Maurizio Scelli, commissario straordinario della Croce Rossa, parla con voce pacata ed esprime concetti chiari e pesanti come pietre, a margine di un convengo di An. Perché sarebbe un'umiliazione? «Perché siamo andati lì, li abbiamo aiutati e li continuiamo ad aiutare. Ora siamo nel momento più delicato: la transizione». Ma perché li umilieremmo? «Guardi, è inutile prenderci in giro. Gli iracheni vedono le televisioni satellitari, che amplificano il dibattito che c'è in Italia. E poi c'è il tam-tam, che funziona benissimo». E allora che cosa si dice? «Gli iracheni hanno capito che da noi c'è chi vuole che tornassimo indietro, che ce ne andassimo. E ce lo dicono, continuamente». Che cosa vi dicono? «Ci dicono: "Ma che abbiamo fatto che volete scappare via? Che cosa abbiamo sbagliato? Perché ve ne volete andare? Qual è stato il nostro errore". Gli iracheni sono oggi come un bambino che muove i primi passi. Noi siamo come un papà che li sta aiutando a tenersi in piedi. Andare via sarebbe come mollare tutto e lasciarli cadere a terra. Sarebbe come mollarli». In Italia c'è chi sostiene che l'intervento era sbagliato dall'inizio. Che cosa risponde? «Senta, questo non è argomento che ci riguarda. Se la guerra era giusto farla o no è una questione che derimerà la storia. Credo che questo sia un discorso che non ha senso oggi. Aveva senso quando si doveva decidere se andare o no in Iraq. Abbiamo stabilito di andare, ora siamo lì. E in Iraq che c'è bisogno di noi ora». Ma non c'è pericolo di nuovi attacchi? «Abbiamo un ospedale a Bagdad e curiamo tutti i giorni trecento persone. Gratis: voglio sottolinearlo perché gli iracheni non hanno mai visto cure senza pagare prima di oggi. In quelle trecento persone ci sono feriti anche dei bombardamenti, invalidi e ustionati, la principale causa di incidenti domestici. Ci sono tantissimi bambini. Qualcuno mi deve spiegare perché dovremmo andare via. Ci diano un solo motivo giusto: non credo ci sia». Chi votò contro l'intervento allora perché dovrebbe adesso approvare? «Non voglio polemizzare con nessuno, non voglio entrare nella polemica politica. Posso solo dire quello che facciamo. Quando siamo arrivati, assieme ai carabinieri abbiamo messo su il primo ospedale. E abbiamo cominciato a curare, a dare assistenza, ad aiutare gli iracheni. Non vorrei che tutto questo finisse, il resto è strumentalizzazione nella quale vedo anche malafede». Malafede? «Le cito un dato: circa il 50% della popolazione irachena ha meno di 18 anni. Sa che significa? Che nella loro vita hanno visto solo la dittatura di Saddam. Non conosco altro. Soltanto adesso stanno cominciando a conoscere la democrazia e glielo stiamo insegnando noi. È questo quel che conta». Ma oggi ci sono stati nuovi attacchi. È una situazione insostenibile? «Senta, gli iracheni vogliono bene agli italiani, chiedono il nostro aiuto. quando c'è stata la tragedia di Nassiriya, dove pure siamo presenti, ci hanno detto: "Non siamo stati noi, nella nostra mentalità non esistono i kamikaze"».

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