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Berlusconi mette una toppa e rassicura il Vaticano

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Follini e Fini chiudono l'incidente. Il senatùr fa la vittima. Gli alleati: «Smetta di offendere»

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E con l'occasione ha sottolineato gli ottimi rapporti che intercorrono tra il governo italiano e la Santa Sede e la Cei. Ricucendo in questo modo lo strappo con la Santa Sede, provocato da Bossi, il premier, incalzato dagli alleati, che con Fini gli avevano lanciato un ultimatum affinché rimettesse in riga il senatùr, non sembra aver voluto dare loro soddisfazione più di tanto. Secondo indiscrezioni il premier, infatti, non avrebbe gradito non solo per le uscite di Bossi ma anche quelle di An e Udc che avrebbero con le loro reazioni esagerato la polemica. Infine, il premier non ha nemmeno dato minimamente addosso all'alleato di ferro di cui conosce bene, e in parte giustifica, le intemperanze che si moltiplicano sempre nelle fasi pre-elettorali. L'intervento del premier ha comunque sortito il suo effetto sugli alleati: Marco Follini ha subito detto di condividere le parole di Berlusconi che «fanno chiarezza e tolgono di mezzo un equivoco e pongono rimedio a una dissennatezza». Gianfranco Fini ha detto che per quanto lo riguarda ora il caso è chiuso perché la nota del premier «è chiara e esauriente»; quindi «non c'è più motivo di polemica». Quanto al cammino delle riforme istituzionali (e della devolution), messo a repentaglio dagli alleati che dopo le parole di Bossi avevano minacciato una ritorsione, appare ora sgombro da macigni. La rassicurazione è giunta dallo stesso Fini dopo la dichiarazione di Berlusconi. Non tutti però nella Cdl sembrano soddisfatti. Il presidente della Regione Lazio, Francesco Storace, ha detto che «fa più danni il 3% della Lega che l'8 per mille della Chiesa». E Bossi? Si è calmato? Non del tutto, tanto che ha voluto l'ultima parola scaricando su An e Udc tutta la responsabilità del polverone («la polemica - ha detto - è stata innescata dai cosiddetti alleati nella convinzione di danneggiare un pò la Lega») e ha fatto la parte della vittima: «Temo che si assista alla ripetizione di quanto avvenuto lo scorso anno quando, appena superati i tempi entro cui si poteva andare a elezioni anticipate, cioè il mese di marzo, la Lega venne mitragliata quotidianamente fino a dicembre». Se Bossi dice di temere che la Lega diventi bersaglio di critiche di An e Udc, gli alleati a loro volta non stanno a subire. «Se Bossi vuole avere la certezza delle riforme - risponde Mario Landolfi, portavoce di An - è sufficiente che prima di parlare pensi a quel che dice». E Rocco Buttiglione fa eco: «Se la Lega non vuole essere mitragliata eviti di offendere», e «chi è causa del suo mal pianga se stesso». Anche il ministro Maurizio Gasparri non fa sconti al senatùr: «È proprio il linguaggio di Bossi che rischia di creare intoppi e ritardi» al federalismo. Quanto all'opposizione, continua ad approfittare più che può delle intemperanze del leader della Lega, ben felice di potersi presentare anche magari come paladina della Chiesa. Secondo il capogruppo dei Ds alla Camera, Luciano Violante, «nella Cdl le riforme sono merce di scambio per tenere agganciato Bossi che tiene Berlusconi sotto ricatto». Clemente Mastella, leader di Ap-Udeur, prima ironizza sulla politica del premier della «pacca sulle spalle» e poi conclude: «Questa volta non c'è pacca che tenga: la toppa del premier è peggiore del buco di Bossi». D. T.

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