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Voto di fiducia per salvare Fede e Raitre Fassino: «L'esecutivo è prigioniero del premier». Per Vito è scelta «tecnica lungimirante»

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Alle 16 si vota la fiducia sul decreto salvereti che scade il 27 febbraio e in pratica evita la chiusra di Retequattro e l'abolizione della pubblicità su RaiTre. Sarà il decimo voto di fiducia chiesto dal governo Berlusconi. E l'opposizione ha gridato allo scandalo. Si tratta di una decisione «tecnica», replica il capogruppo FI Vito. Ma Marco Rizzo (Pdci) promette: faremo un'opposizione durissima. Sono le 15.45, e l'Aula di Montecitorio è quasi deserta, quando il ministro della Funzione Pubblica Luigi Mazzella (l'unico a sedere nei banchi del governo, con il sottosegretario Giancarlo Innocenzi) ufficializza la richiesta della fiducia, già circolata come indiscrezione nei giorni scorsi, dopo il rinvio del ddl Gasparri in commissione, messo a dura prova proprio alla Camera dai franchi tiratori. Aprendo la discussione generale, Andrea Colasio (Margherita) e Giorgio Panattoni (Ds) hanno appena finito di ribadire le perplessità dell'opposizione su un provvedimento «che non sta in piedi ma deve salvare Retequattro», mentre Innocenzi ha da poco sottolineato che il decreto «rifiuta ogni logica riduttiva: non punta a togliere, ma a moltiplicare le voci». Il Presidente Casini (insolitamente in look sportivo) sospende come da prassi i lavori e convoca la conferenza dei capigruppo: per l'illustrazione degli emendamenti (che ovviamente non saranno votati) ci sarà tempo sempre oggi dalle 9 alle 14, poi le dichiarazioni di voto, intorno alle 16 il voto sul provvedimento, che attribuisce all'Autorità per le Comunicazioni il compito di verificare entro il 30 aprile l'effettivo avvio del digitale terrestre, e quindi l'arricchimento del pluralismo, pena - in caso di accertamento negativo, da comunicare a governo e Parlamento entro fine maggio - l'adozione delle sanzioni previste dalla legge Maccanico. L'Ulivo protesta: «L'esecutivo è prigioniero del presidente del Consiglio e dei suoi interessi», argomenta già in mattinata il segretario Ds Piero Fassino, mentre il capogruppo Luciano Violante lamenta che «il governo sta bloccando il Parlamento». Per Antonio Di Pietro, chiedere la fiducia è un «atto intimidatorio» e un'ennesima dimostrazione del «conflitto di interessi»; per Marco Rizzo (Pdci), «il governo è allo sbando anche sul decreto che riguarda le tv del premier». Paolo Gentiloni afferma che, con cinque mesi di introiti pubblicitari su Retequattro, «l'azienda del premier guadagna 163 milioni di euro». Per Publio Fiori (An) la fiducia sul dl tv «dimostra che la verifica non è finita». Alla fine i presidenti dei gruppi parlamentari di opposizione si rivolgono al presidente della Camera perché «riconsideri la decisione di respingere la richiesta di voto segreto, presentata nella seduta dell'11 febbraio 2004, e di estendere il voto segreto al primo e al secondo comma dell'articolo 1, oltre che al voto finale». Insomma, mentre l'opposizione tenta il tutto e per tutto, il capogruppo di FI Elio Vito parla di decisione «tecnica», legata alla presenza di numerosi decreti in scadenza nell'agenda di Montecitorio, per i quali il regolamento non prevede tempi contingentati. Vito definisce «lungimirante» la scelta dell'esecutivo e improponibile il confronto con il numero di voti di fiducia posti dal governo Prodi. «Le reazioni irritate e sopra le righe della sinistra sono la migliore conferma che il governo ha fatto bene a mettere la fiducia sul decreto tv», afferma il vicecapogruppo di Forza Italia alla Camera Antonio Leone, sottolineando che «l'Ulivo avrebbe voluto impegnare la Camera in una estenuante discussione su un provvedimento che è solo tecnico. Questa volta -conclude l'esponente azzurro- la loro manovra è fallita». Tra i più soddisfatti, comunque, c'è anche il direttore del Tg4, Emilio Fede, convinto che il voto di fiducia sia «un segno di protezione del pluralismo, di difesa di chi ha votato a maggioranza il referendum per l'esistenza di Retequattro». Insomma, è un «regalo al Paese».

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