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«A questo punto il professore lasci l'Ue»

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Fini: «Il leader dell'Ulivo ha diritto di fare campagna elettorale ma dovrebbe sentire il dovere di dimettersi»

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Dalla Cdl arrivano subito le richieste di dimissioni dall'incarico europeo, dalla sinistra una raffica di dinieghi. «Romano Prodi ha il diritto di fare la campagna elettorale per l'Ulivo, ma dovrebbe sentire il dovere di lasciare anzitempo la guida della Commissione europea» dice Gianfranco Fini, che aggiunge: «Agli italiani va infatti garantita la certezza che ciò che fa e dice il presidente della Commissione risponde agli interessi dell'Unione europea, non agli interessi della coalizione di centrosinistra». Di «incompatibilità clamorosa», dopo quello che definisce «il comizio che inizia la campagna elettorale per le europee del 13 giugno 2004 e per le politiche del 2006» parla Fabrizio Cicchitto, vice coordinatore di Forza Italia. E anche lui osserva che Prodi «deve dimettersi quanto prima per svolgere liberamente il suo ruolo politico e magari per presentarsi come candidato». Ancora in FI, Stefania Prestigiacomo, ministro delle Pari Opportunità, dice che «Prodi dovrebbe imparare dalle donne. La sua collega della Commissione europea, Anna Diamantopoulou, ha scelto di scendere in campo nelle prossime elezioni greche e si è dimessa dal suo incarico a nel governo dell'Unione». «Prodi non può essere protagonista di questa campagna elettorale. La sua è una entrata a gamba tesa e nel calcio questi sono falli da cartellino rosso», commenta a sua volta Antonio Tajani, vicepresidente del Partito popolare europeo. Scandaloso il comportamento del presidente Ue è considerato anche da Rocco Buttiglione, ministro delle Politiche comunitarie: «Prodi - dice - non è legittimato a prendere parte alla campagna elettorale perché lui è custode dei Trattati e questo non fa bene all'Italia. Non fa bene all'Italia sequestrare l'Europa a favore di una parte politica». E sempre nell'Udc il ministro per i Rapporti col Parlamento Carlo Giovanardi parla di «macroscopico conflitto d'interessi tra i suoi doveri di leale collaborazione con il Governo italiano come presidente della Commissione europea e le sue critiche allo stesso governo come capo dell'opposizione interna». La sinistra si difende come può, con reazioni che vengono soprattutto dai Ds. Il leader del partito Fassino non risponde sul problema ma dice che «tra poco saranno gli italiani a chiedere a Silvio Berlusconi di andarsene». E Vannino Chiti, coordinatore della Quercia, salta a pié pari il problema e dice che riguardo a questo conflitto di interesse «la destra» non deve fare altro che «abituarsi a fare i conti con questa realtà». Per il capogruppo dei Ds alla Camera, Luciano Violante, la richiesta di dimissioni levatasi dalla Cdl è «destituita di fondamento; piuttosto pensino a governare l'Italia, invece di accanirsi contro i loro avversari». Quanto al sindaco di Roma Veltroni, commenta così la levata di scudi della Cdl: «Che dire: è solo propaganda...». Arturo Parisi, vicepresidente della Margherita e fedelissimo di Prodi, a sua volta dice sulle reazioni della Cdl: «Siamo in un paese democratico e ognuno ha diritto di esprimere le sue opinioni, ma noi riteniamo che questa sia un'opinione sbagliata». Viene da Bruxelles, infine, la risposta ufficiale di Prodi. Il suo portavoce dice: «Sarebbe tempo di finirla con questa vuota propaganda».

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