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Lodo Schifani, si farà una legge costituzionale

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Il «day after» della bocciatura del lodo Schifani registra tuttavia anche la consapevolezza del centrodestra sulla necessità di aprire un'altra strada, con una legge di rango costituzionale, che ha una tempistica completamente diversa da quella dei processi di Milano. Ieri a «Radioanch'io» sia il presidente della commissione Giustizia del Senato, Antonino Caruso, sia il vicepresidente della Camera Alfredo Biondi, hanno sostenuto che la decisione della Corte è stata determinata dalla cultura politica degli stessi giudici, vicini al centrosinistra. Molto più esplicita la vicepresidente dei deputati azzurri Isabella Bertolini: «La Consulta è composta da 15 giudici. Un terzo nominati dal Capo dello Stato, un terzo dal Parlamento, un terzo dalla Magistratura. Il Presidente che ha fatto più nomine è stato Scalfaro, che arringa i girotondini. Ciampi ne ha nominato uno: Flick, ex Ministro del Governo Prodi. Le nomine del Parlamento sono avvenute principalmente quando c'era la maggioranza dell'Ulivo. L'orientamento a sinistra di gran parte della Magistratura è noto. In sintesi: maggioranza schiacciante di nomine uliviste». Dall'opposizione, con Anna Finocchiaro (Ds), è giunto però l'altolà a non delegittimare istituzioni e meccanismi decisionali previsti dalla Costituzione. Ma al di là delle polemiche si comincia a pensare al dopo. Saponara ha chiesto la calendarizzazione della legge Palma, una norma costituzionale che si basa sulla sospensione dei processi per i parlamentari. Carlo Taormina ha annunciato la presentazione di un'altra legge costituzionale che ripristini l'autorizzazione a procedere soppressa nel 1993, mentre il senatore Udc, Maurizio Ronconi, ripresenterà il meccanismo della legge Schifani come emendamento alla riforma Costituzionale che Palazzo Madama affronterà la prossima settimana. E anche il ministro per i rapporti con il Parlamento, Carlo Giovanardi, annuncia che riproporrà la legge Schifani come norma costituzionale. Concretamente, come ha spiegato il presidente della commissione affari costituzionali della Camera, Donato Bruno (Fi), la maggioranza attenderà di leggere le motivazioni della sentenza della Corte, «per capire come ha ragionato». Bruno, sostenuto in questo dal sottosegretario alla Giustizia Michele Vietti (Udc), indica una soluzione nel sistema adottato dal Parlamento europeo; qui il parlamentare può chiedere che l'Assemblea si pronunci sulla sospensione del processo a suo carico. Meccanismo votato anche dal centrosinistra a Strasburgo, che quindi avrebbe difficoltà «a dire di no».

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