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Sulle pensioni adesso si tenta il disgelo Ma Pezzotta avverte: se non basta, altre proteste. Cgil, Cisl e Uil preparano un documento comune

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Lo sciopero in difesa del sistema previdenziale è riuscito, affermano in coro Cigil, Cisl e Uil, mentre dal governo giungono toni concilianti e inviti a trattare. Se il ministro delle Politiche agricole, Gianni Alemanno, si attende ora, a sciopero concluso, «una controproposta sindacale» su cui avviare una «sfida reciproca», il collega del Welfare, Roberto Maroni, auspica la ripresa di un confronto con le parti sociali «per attuare una riforma del sistema previdenziale necessaria a garantire maggiore equità». «Penso che dopo uno sciopero il sindacato non può che voler dare uno sbocco all'azione di lotta, condotta sedendosi al tavolo della mediazione» gli fa eco il sottosegretario al Lavoro, Maurizio Sacconi. Ma per Cgil, Cisl e Uil, che preparano un documento comune, il vero banco di prova di un'effettiva volontà e apertura al confronto è, e resta, solo la convocazione a Palazzo Chigi. E la lotta andrà avanti. «Se non basta uno sciopero, ne faremo un altro. Se questo è part-time, il prossimo sarà full-time - ammonisce Savino Pezzotta, della Cisl, parlando a Roma in una piazza Navona gremita di giovani, operai e pensionati -. Il dialogo governo-parti sociali è giunto ormai al punto più basso». «Dalla concertazione si è passati al monologo - è l'accusa di Pezzotta -. Il mondo del lavoro respinge al mittente la riforma previdenziale, considerata un diversivo per far passare in sede Ue una Finanziaria zeppa di una tantum e condoni». Parlando a Bologna davanti a 70 mila persone, il numero uno della Cgil, Guglielmo Epifani, ribadisce un doppio no. Il primo alla manovra del governo, «che non sa affrontare i nodi dello sviluppo, dell'occupazione e del Mezzogiorno e finisce per affondare il Paese». Il secondo alla controriforma delle pensioni, «sbagliata nei contenuti, socialmente iniqua e tecnicamente irrealizzabile» a fronte di una spesa in equilibrio. Lo sciopero generale è filato via senza incidenti. Gli unici momenti di tensione si sono registrati a Napoli, dove il segretario della Uil, Luigi Angeletti, è stato contestato da un gruppo di lavoratori dell'amianto esasperati dalla prospettiva di perdere i diritti acquisiti con l'avvento della riforma. Sono volati spintoni e qualche slogan, ma il comizio in piazza Matteotti è iniziato regolarmente. Rispondendo ai segnali distensivi lanciati dal ministro Maroni, Angeletti ha intimato al governo di ritirare la proposta sulle pensioni, in quanto «non ci sono le condizioni per aprire una trattativa» e di cambiare la politica economica «che ha reso tutti più poveri e non riesce a garantire sviluppo ed occupazione». In piazza sono scesi anche Cobas, Confsal, Cisal, Ugl e alcuni politici, come Fassino, Cossutta, Bertinotti e Rutelli, per i quali la sinistra ieri ha dato prova di unità. Per il presidente del Pdci, Armando Cossutta, «con l'unità fra sindacato, partiti e società civile è possibile far cadere il governo». Per Rutelli «la parola è passata ai lavoratori, ai quali Berlusconi non permette di parlare in tv». Lapidario Fassino: «Non è uno sciopero politico».

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