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Fini: «Attenti, qui davvero diventiamo dc» Il leader di Alleanza nazionale avverte: «Siamo alla degenerazione correntizia, serve una scossa»

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Chi lo ha incontrato in questi ultimi giorni racconta di un vicepremier molto più che infastidito dal correntismo sfrenato all'interno del suo partito. Componenti, riunioni, cene, gruppi e gruppetti. Tanto che, a un certo punto, sbotta e nel bel mezzo della sua relazione al partito: «Andatevi a leggere il titolo di un autorevole quotidiano, che ricorda come stiamo diventando, come un certo partito...». Guarda Publio Fiori seduto in platea, che è stato ai vertici della Democrazia Cristiana. E gli fa: «Vero Publio? Tu ricordi quei tempi...». La sala rumoreggia un po'. E allora Fini si fa meno ermetico: «Guardate il titolo del Tempo, che dice che "An è già diventata una piccola Dc"». Ma quello del leader della destra è un vero e proprio anatema contro le correnti. Spiega: «Fin quando si vola alto, come accaduto tra le componenti in vista del congresso di Bologna dell'anno scorso, va bene. Anzi, ben venga. Ma diciamo no alla degenerazione correntizia». Ricorda che i gruppi interni al partito esistono «da trenta anni» e che possono essere utili se riescono a coinvolgere tutti. Non vanno più bene quando l'appartenenza correntizia serve a «difendere qualche fesso matricolato». Ora, evidentemente, hanno portato alla stasi, tanto che Fini, annunciando di aver nominato Ignazio La Russa coordinatore del partito, spiega che è necessaria una «scossa», anche perché alle porte ci sono le elezioni europee del prossimo anno, «un banco di prova al cui confronto le ultime amministrative sono da ridere». «Ignazio coinvolgerà tutti» aggiunge Fini. Lui, il leader, resterà garante di tutti perché «ovviamente - dice Fini - il coordinatore non può fare ciò che lo Statuto assegna al presidente. Quei poteri continuerò ad esercitarli ogni volta che sarà richiesto e lo riterrò opportuno». E insiste perché il partito diventi la cinghia di trasmissione del governo. Subito dopo interviene Teodoro Buontempo, che si rifà al titolo del Tempo: «Noi piccola Dc? Se lo scrive un grande giornale, vicino al centrodestra, ne dobbiamo prendere atto». E la sua è una lunga requisitoria contro le correnti e sottolinea come «a Roma abbiamo perso l'8% e non siamo più il primo partito visto che siamo stati superati dai Ds». Anche Gaetano Rebecchini, che non interveniva da tempo, si rifà esplicitamente al titolo del nostro giornale richiamando all'unità. Ma in sala si diffonde una sindrome da corrente dorotea. Tanto che Roberto Menia (Destra Protagonista) nel suo intervento dice di «parlare in piena libertà» e viene rimbeccato da Storace seduto nelle prime file. E così il deputato triestino replica ancora: «Nessuno mi ha scritto quello che dovevo dire». Poi tocca al primo intervento politico pesante, quello del ministro Gianni Alemanno che avverte: «Faida interna? Non è questo il problema. La vera questione è che ci vuole un processo profondo di ricostruzione del partito» perché «se non raddrizzeremo la situazione nei prossimi mesi andremo a casa male. A Fini chiedo che sia compreso che la verifica nel governo è in atto fino a quando la Finanziaria e la riforma della Costituzione non daranno al Paese un patto di pacificazione». «Chiedo a La Russa - aggiunge - un gesto di umiltà: assuma la carica per aprire un processo e non per chiuderlo». Poi tocca al neocoordinatore che risponde alla principale critica che i suoi avversari gli fanno, anche se mai esplicitamente: essere troppo vicino a Berlusconi e a Forza Italia. «Sono coordinatore regionale in Lombardia - spiega 'Gnazio - e lì veniamo accusati da Fi e Lega di essere sopravvalutati, dicono che abbiamo troppo spazio». Non sarà supino con gli alleati, dunque, come non lo è stato sino a oggi a Milano. Aggiunge ancora: «Non arretreremo rispetto alle esigenze delle altre forze. State tranquilli. La mia vita è in questo partito, in questa comunità». Ma ai suoi oppositori interni non basta, tanto che Adolfo Urso dice più tardi che «An

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