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di FABRIZIO DELL'OREFICE ALLARME perdite di acqua nel Lazio e in Abruzzo.

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Lo si legge nella relazione annuale sullo stato dei servizi idrici redatta dal comitato per la vigilanza sull'uso delle risorse idriche. «I valori rilevati - è scritto - spaziano tra un valore minimo del 22% (Ato 3 Piemonte-Torinese) e un massimo del 73% (Ato 4 Lazio meridionale-Latina e Ato 2 Abruzzo-Marsicano), livello quest'ultimo assolutamente non compatibile con un moderno sistema acquedottistico». Un dato troppo alto se si pensa che il valore medio nazionale per il campione esaminato è del 42%. Sempre nelle due regioni, suona il campanello d'allarme per Frosinone (55% delle perdite) mentre sono promosse le zone di Viterbo e Rieti (rispettivamente 11% e 10% di perdite) ma non è stato rilevato quello di Roma. La media regionale è al 48%. Per l'Abruzzo, alto il livello di Chieti (58%), bene invece l'Aquila (34%). La media regionale è al 57%. Per tutta Italia, tuttavia, la relazione (che si riferisce al 2002 e ai primi mesi del 2003) rileva due problemi antitetici, l'eccesso e la carenza di acqua. È critica ma non drammatica la situazione risorse idriche disponibili, soprattutto per quanto riguarda l'acqua potabile: al Sud, in cronica sofferenza, le abbondanti precipitazioni invernali hanno riempito gli invasi, al punto che nella scorsa primavera le Regioni che avevano vissuto l'emergenza idrica nel 2002 - Basilicata, Puglia, Sicilia e Sardegna - avevano un volume di acqua triplo rispetto alla primavera precedente. Per l'estate in corso, quindi, la situazione al Sud appare meno preoccupante. La prolungata siccità, com'è noto, sta invece creando molti danni all'agricoltura - soprattutto in Val Padana dove predominano culture ad alto fabbisogno idrico - e sta minacciando la produzione di energia elettrica, che richiede acqua per il raffreddamento degli impianti. Gli italiani non soffrono comunque di mancanza d'acqua per la situazione del servizio idrico: secondo le stime del Comitato abbiamo a disposizione ogni giorno, in media, poco meno di 300 litri a testa. Il 96% della popolazione è servito da un acquedotto, l'84% da una fognatura, il 73% da un servizio di depurazione. Tuttavia occorrono investimenti. Servono infatti 53 miliardi di euro in 26 anni, da destinare per il 45% agli acquedotti e per il 55% alla raccolta e al trattamento delle acque reflue. Si tratta di circa 2 miliardi all'anno, corrispondenti a 36,5 euro pro capite. Investimenti necessari, dunque, anche se porteranno certamente all'aumento delle tariffe.

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