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Craxi, Italia condannata per violazione diritti umani

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Il ricorso riguardava le intercettazioni telefoniche decise dalla magistratura nei suoi confronti e le indiscrezioni al riguardo pubblicate dalla stampa. L'ex presidente del consiglio aveva denunciato in questo secondo ricorso ai giudici europei la pubblicazione di conversazioni telefoniche di carattere privato intercettate davanti al tribunale di Milano, prima, e poi, grazie a fughe di notizie, in diversi organi di stampa. La Corte di Strasburgo, con sei voti a favore e uno contrario, ha rilevato in primo luogo una violazione dell' articolo 8 nel fatto che «lo stato difensore non ha garantito la custodia dei processi verbali delle conversazioni telefoniche, e non ha in seguito condotto una inchiesta effettiva sulla maniera in cui queste comunicazioni private sono state rese pubbliche». Inoltre, all'unanimità, i giudici europei hanno constatato una seconda violazione dell'articolo 8, perchè «le autorità italiane non hanno rispettato le procedure legali prima della lettura durante il processo delle conversazioni telefoniche intercettate». La Corte ha condannato l'Italia a pagare 2.000 euro ciascuno alla vedova ed ai due figli di Craxi per i «danni morali» subiti. Le intercettazioni telefoniche fra la residenza tunisina di Craxi, a Hammamet, e l'Italia, erano state disposte nel quadro del processo Metropolitana Milanese nel 1995. Estratti delle intercettazioni vennero letti durante una udienza del processo il 29 settembre 1995 dal pm milanese Paolo Ielo. Altri estratti vennero pubblicati successivamente da alcuni giornali. La Corte di Strasburgo ritiene in particolare che, per quanto riguarda le lettura di parte delle intercettazioni davanti al tribunale di Milano, «le autorità italiane non hanno seguito le procedure legali» in quanto «non c'è stata una udienza preliminare nel corso della quale le parti e il giudice avrebbero potuto escludere i passaggi delle conversazioni intercettate privi di rapporto con la procedura». «Non c'è stata inoltre una inchiesta - aggiunge la Corte - sulle circostanze nelle quali i giornalisti hanno ottenuto i processi verbali»: «Il governo quindi non ha adempiuto il proprio obbligo che consisteva nel garantire al signor Craxi il diritto al rispetto della sua vita privata». Bettino Craxi aveva ottenuto già una prima risposta positiva dai giudici di Strasburgo alle sue denunce nel dicembre scorso. Sulla base di un primo ricorso dell'ex leader socialista, morto in esilio nel gennaio 2000, la Corte europea aveva condannato l'Italia per violazione dell'articolo 6 della convenzione, sul giusto processo, in quanto gli avvocati di Craxi durante i vari processi a suo carico non avevano potuto interrogare in aula tutti i testimoni. Commosso e indignato Bobo Craxi: «Risulta ormai evidente quale fu il carattere persecutorio e politico dell'azione giudiziaria che costrinse mio padre Bettino a riparare in esilio, senza possibilità di appello e, in quelle condizioni, condotto alla morte. Non vi può che essere viva indignazione, poichè la violazione dei diritti umani e dei più elementari diritti alla privacy fu ripetuta, ostinata e costante nei confronti degli imputati politici coinvolti nelle inchieste di Milano». «La decisione della Corte di Strasburgo, insieme alla relazione degli ispettori del ministero, contribuiscono a smantellare le visioni apologetiche del pool di Mani pulite e, per usare le parole del poeta, mettono in evidenza di che "lagrime grondi e di che sangue" il periodo di Mani pulite»: così Fabrizio Cicchitto commenta la condanna dell'Italia da parte della Corte europea di Strasburgo per violazione dei diritti umani. Dice Gianni De Michelis: «Non vi è un solo socialista, ovunque sia schierato, che non abbia provato sincera emozione per la condanna espressa ancora una

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