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Attivo previdenziale solo in Lazio, Veneto e Trentino

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I rimanenti 25 costituiscono il deficit a carico delle casse dell'Inps. In termini assoluti a fronte di 83 milioni di euro di entrate contributive corrispondono oltre 110 di spesa, facendo segnare un disavanzo di 27.618 milioni di euro. A lanciare l'allarme è l'Ufficio studi della Cgia di Mestre che, in vista della discussione sulla riforma pensionistica, ha regionalizzato il bilancio del nostro sistema previdenziale, calcolando il tasso di copertura, ovvero il rapporto percentualizzato tra le entrate contributive e le uscite previdenziali. Risultato? Solo tre regioni su 20, cioè Lazio, Veneto e Trentino A.A., presentano un attivo previdenziale. Per tutte le altre i conti sono drammaticamente in rosso. Ma vediamo nel dettaglio la situazione. Il Lazio, leader a livello nazionale, segna un tasso di copertura del 109,5%. Il Veneto, con un tasso di copertura del 104,74 (contro una media nazionale del 75%) si piazza al secondo posto. Lo stesso accade in Trentino A.A. (100,9%), che si piazza in terza posizione. Poco al di sotto del 100% troviamo la Lombardia (97,9%) e l'Emilia Romagna (83,8%). Di seguito tutte le altre. Preoccupante è la situazione delle regioni del Sud. A partire dal fanalino di coda, la Calabria, che fa rilevare un indice del 26,6%, preceduto dalla Sicilia (31,8%), Campania (39,8%), Basilicata (40,2%) e Puglia (42,9%). È questa la regionalizzazione precisa del bilancio dell'Inps emersa dallo studio della Cgia di Mestre. «Le diversità nei conti tra le regioni del Nord e quelle del Sud - dice Giuseppe Bortolussi, segretario della Cgia - sono dovute principalmente a due fattori. Il primo è da ricercare nello scarso flusso contributivo frutto del dilagante fenomeno del lavoro nero al Sud. Il secondo, invece, va registrato nell'eccesso delle prestazioni assistenziali presenti nel Mezzogiorno». Così, mentre il 75% delle pensioni di anzianità sono concentrate nel Centro-Nord (dove è stata maggiore l'industrializzazione del Paese) le prestazioni assistenziali sono prevalentemente concentrate al Sud. Ma non è tutto. Secondo uno studio del Coordinamento statistico attuariale dell'Istituto nazionale di previdenza sociale, la voce anzianità quest'anno costerà all'Inps 40 miliardi, cinque in più rispetto alle somme destinate alla vecchiaia in senso proprio. Saranno 22 i miliardi che finanziano gli assegni degli 1,4 milioni di persone in quiescenza anticipata che ancora non hanno compiuto l'età di vecchiaia, mentre l'Inpdap per la previdenza anticipata dovrà sborsare nel 2003 20 miliardi. La situazione dell'Inps è simile a quella di tutte le gestioni Assicurazione generale obbligatoria, con la sola eccezione dei commercianti, la cui Cassa eroga trattamenti di vecchiaia per tre miliardi contro i 2,2 destinati all'anzianità. L'Italia in pratica riserva al settore pensionistico, che interessa tra i 3 e i 3,5 milioni di persone, un ammontare pari ai tre quarti delle risorse che permettono al Servizio sanitario nazionale di provvedere a 57 milioni di persone. Tra le proposte di riordino, invece, il quotidiano economico anticipa quelle del Rapporto Free Foundation, che dovrebbero garantire un risparmio cumulato, nel prossimo triennio, di oltre 4 miliardi. In sintesi il rapporto propone innanzitutto di applicare, fino al 31 dicembre 2005, il calcolo contributivo con decorrenza retroattiva dal primo gennaio 1996 a coloro che usufruiscono della pensione anticipata facendo valere requisiti inferiori a 57 anni di età e 35 di contributi oppure 40 anni di versamenti.

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