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Parlamentari, ecco l'aumentone Magistrati e avvocati dello Stato si troveranno nella busta paga il 12,4% in più

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Che si troveranno in busta paga un 12,4% dello stipendio in più. Il ministero dell'Economia ha infatti comunicato il dato che sancisce l'incremento per i «salari» delle tre categorie. Nella nota del dicastero si ricorda che a quella cifra si è arrivati «al termine della verifica tecnica condotta dall'Istat e dalla Ragioneria generale dello Stato, sull'adeguamento delle retribuzioni». La legge prevede, infatti, che gli stipendi dei magistrati siano calcolati ed adeguati sulla base degli incrementi medi delle retribuzioni del restante personale pubblico. E l'accertamento degli aumenti di stipendio di cui avevano beneficiato tutti gli altri dipendenti pubblici nel triennio 2000-2002 ha stabilito che l'aumento medio nel triennio è stato pari appunto al 12,4%. Di conseguenza, si legge ancora nel comunicato di via XX Settembre, «i magistrati e gli avvocati dello Stato percepiranno, in tempi brevi, il dovuto conguaglio e gli stipendi rideterminati». Non si fa riferimento ai parlamentari. Per loro l'aumento è indiretto: nel senso che l'indennità è collegata a quella delle toghe. Ora Camera e Senato decideranno se accettare o meno (è accaduto una sola volta) l'aumentone per il triennio. Cosa vuol dire in soldoni? Mentre per magistrati e avvocati dello Stato le indennità sono differenti, per i parlamentari è unica: 5106,87 euro al mese per 12 mensilità. Ciò significa che deputati e senatori si troveranno in busta paga 633,25 euro netti in più al mese. Agli italiani l'aumentone costerà oltre 10 milioni di euro (10.310.476) all'anno in più per gli stipendi i deputati, e 13 milioni (13.544.520) per gli assegni vitalizi degli ex deputati. I senatori, essendo la metà degli inquilini di Montecitorio, peseranno meno: oltre 5 milioni e mezzo di euro in più all'anno (5.667.598,87) per gli stipendi, e oltre otto per gli assegni vitalizi (8.308.959,96). Ma quel 12% in tre anni scatena già la polemica. Quegli aumenti «appaiono come delle vere e proprie provocazioni per i lavoratori pubblici, nel momento in cui non si sbloccano le direttive per rinnovare i loro contratti e su cifre decisamente più modeste», tuona Foccillo (Uil), che aggiunge: «Non si riesce a capire come gli esperti abbiano potuto ricavare un aumento medio dei dipendenti pubblici per il triennio 2000-2002 pari a quella percentuale. Innanzitutto, ricordiamo che oltre un terzo dei dipendenti pubblici non ha ancora rinnovato il contratto a distanza di diciotto mesi dalla scadenza, e per questo ha scioperato venerdì scorso; inoltre nessuna acrobazia aritmetica può portare alla conclusione di incrementi medi del 12% nel triennio. Tutti i contratti pubblici del biennio 2001-2002 quando saranno rinnovati resteranno sotto il 6%, il 2000 venne rinnovato sulla base dell'inflazione programmata (1,7%). «È di circa il 5% l'aumento effettivo» replica il presidente dell'Anm Edmondo Bruti Liberati.

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