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Uno scontro privo di innovazione riformista
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Una semplice riflessione: al di là del risultato, tutto questo dibattere è stato utile? Abbiamo discusso per mesi sull'abolizione della reintegrazione nel posto di lavoro per sostituirla con un risarcimento dei danni (come già accade in Belgio, Danimarca, Regno Unito e Finlandia), suscitando polemiche, proteste e ripetuti scioperi. Poi si è tentato di legittimare soluzioni radicalmente opposte (estensione della reintegrazione alle imprese con meno di 15 dipendenti), che hanno suscitato l'accusa di incentivare il ricorso al lavoro nero e di ridurre il mercato ad una singolare combinazione di nuove rigidità e crescenti flessibilità. Così, in un'epoca in cui tanto si parla di flessibilità in entrata, si è tentato di limitare, paradossalmente, quella in uscita, riducendo come in un circolo vizioso le potenzialità occupazionali. Nel frattempo, mentre si dibatteva sull'art. 18, fortunatamente, anche se faticosamente, il "sistema impresa" è andato avanti. Avanti lungo il percorso meditato, razionale ed efficiente di una oculata quanto essenziale gestione delle risorse umane che, com'è intuibile, non è mai stata una forsennata persecuzione del posto fisso. Nessuna impresa trae vantaggi dalla moltiplicazione del precariato. Il lavoratore pur "flessibile", ma privo di prospettive lavorative, è un pessimo consumatore e la riduzione dei consumi non fa certo parte degli obiettivi delle imprese. Nessuna azienda, poi, ha interesse a dotarsi di manodopera che cambia continuamente e che quindi non è motivata né fidelizzata. Un sistema sano deve orientarsi sempre più verso la valorizzazione delle risorse umane, il potenziamento della motivazione e della fedeltà all'azienda, lo sviluppo insomma di un lavoro di squadra inteso come senso di appartenenza agli obiettivi e ai valori dell'impresa. Forse allora lo scontro che ha accompagnato la querelle sull'art. 18 è stato sproporzionato nei toni e nei modi, soprattutto perché privo della necessaria pacatezza e della progressiva innovazione in senso riformista ed equilibrato che deve accompagnare il dialogo sociale. Ma questo, come è ben noto, è tutto un altro discorso. * Presidente dell'Unione degli Industriali di Roma e di Confindustria Lazio
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