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Il successo dei Ds mette in difficoltà l'Ulivo

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Equilibri interni spostati perché alla crescita della Quercia si è accompagnato il calo della Margherita

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Il leader dei Ds, al direttivo del partito, svoltosi ieri e conclusosi con un voto unanime, ha sottolineato che per avere la possibilità di battere l'attuale maggioranza è necessario che le opposizioni vadano d'accordo. Il risultato elettorale però ha punito la Margherita e quindi i rapporti di forza all'interno del centrosinistra sono in sostanza cambiati. E non solo il partito di Rutelli si è indebolito a fronte del rafforzamento dei Ds, ma deve anche affrontare la combattiva presenza al centro dell'Udeur di Clemente Mastella, che ha superato la prova del voto e rivendica spazio. Ieri alla Quercia si è assaporato il successo elettorale conseguito sotto la guida di Fassino e si è avuto, al termine del direttivo, un «sì» unanime a un ordine del giorno che riprende la relazione del segretario. L'opposizione interna del Correntone, peraltro, al momento sembra essersi sgonfiata anche dopo la decisione di non votare al referendum sull'articolo 18 presa da Cofferati, del quale oltretutto si continua a parlare come possibile candidato sindaco alle prossime comunali di Bologna. Nel documento approvato fra l'altro si afferma che il centrosinistra ha «la responsabilità di accelerare la costruzione di una alternativa di governo, facendo vivere anche a livello nazionale lo spirito unitario che ha caratterizzato in queste elezioni la coesione dell'Ulivo, le intese con Rifondazione Comunista, Italia dei valori, liste civiche e locali». Il presidente dei Ds Massimo D'Alema, al termine della riunione, ha sottolineato che «non accadeva da tempo» che nella Quercia si votasse all'unanimità un documento». E il problema dell'articolo 18, che non solo divide il partito ma è suscettibile di provocare ampi dissensi dell'opinione pubblica? A Via Nazionale, ieri il tema è stato solo accennato, forse più per non stuzzicare il cane che, se non dorme, al momento non si sta agitando molto, piuttosto che per il clima di serenità e collaborazione sbocciato subito dopo il voto amministrativo. Fassino ha infatti invitato il partito «a sdrammatizzare le differenze che sul voto ci sono sotto la Quercia, anche se la decisione della segreteria è per un boicottaggio dell'iniziativa referendaria», e ha ribadito il giudizio negativo sull'estensione dell'art.18, perché avrebbe «effetti deleteri» per le piccole imprese, ma si è espresso anche contro il «no», perché avrebbe effetti sui diritti acquisiti. Cesare Salvi, leader di Socialismo 2000 che fa parte del Correntone e che è schierato per il sì, ha detto ai giornalisti di avere «apprezzato i toni di Fassino», che «ha evitato forzature». Insomma, dato che siamo ancora in fase elettorale, appare chiaro che nessuno nei Ds, neanche i sostenitori del «sì», intende dare battaglia sul referendum. Intanto nel travaglio della Margherita entra a gamba tesa la «Velina rossa», considerata vicina a D'Alema, secondo la quale sarebbe bene che l'alleato si ponesse sotto la leadership di Enrico Letta, definito l'«unico popolare moroteo e dossettiano» in grado di sedare sul nascere le possibili ripercussioni interne del risultato elettorale. Quasi un «Rutelli vattene», che arriva con annessa sottolineatura che «nel dibattito in corso nella Margherita, non hanno tutti i torti i Popolari, che negli ultimi tempi hanno visto un partito tutto tranne che moroteo, impegnato a sottolineare con grande energia soltanto la politica dei movimenti». Impietoso con Rutelli, dalla maggioranza, Antonio Leone, vicepresidente del Gruppo di Forza Italia alla Camera, sottolinea che l'ex sindaco di Roma «aveva pronosticato il sorpasso della Margherita sui Democratici di Sinistra e si ritrova con neanche metà dei voti dei suoi principali alleati». D. T.

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