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Sette mesi di dura trattativa

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Anche ieri mattina, pur se sembrava ormai avviata verso una soluzione in tempi brevissimi, ha registrato qualche ulteriore momento di tensione, anche quando la bozza dell'intesa stava già girando per la firma. Ma che il contratto si sarebbe fatto era ormai certo, dopo che il «via libera» di Tremonti, confermato dopo gli ultimi confronti ai massimi livelli compreso Palazzo Chigi, ha consentito all'Aran e alla Funzione pubblica di agire con gli affidamenti in mano. La certezza della volontà politica. È stato così possibile al ministro tecnico Mazzella e al sottosegretario Saporito (An), che ha condotto tecnicamente la corsa finale, «sfondare» e andare rapidissimanente a conclusione. Il confronto sul contratto - scaduto quasi un anno e mezzo fa - si era presentato subito difficile perché da parte sindacale erano state avanzate, in sede di piattaforma, una serie di richieste che traducevano il malumore di docenti e personale ausiliario e amministrativo, concordi nel sollecitare soprattutto un trattamento economico migliore. Quello delle retribuzioni, peraltro, era stato il cavallo di battaglia delle organizzazioni sindacali, soprattutto perché legato agli stipendi che percepiscono i professori negli altri Paesi europei. Una richiesta, si era sostenuto, quasi doverosa perché le differenze erano talmente evidenti da non essere più sopportabili in una Europa che, unitasi politicamente, dovrebbe tendere anche all'omologazione non dei modelli culturali, ma dei trattamenti per chi - i professori, appunto - tali modelli è chiamato ad insegnare.

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