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Milano sbagliò, ora Berlusconi è una vittima

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Alla Dc cadde addosso il muro di Berlino e ad affondarla fu «Martinazzoli, più indeciso di Amleto»

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E' stato ministro dell'interno, alla pubblica istruzione, presidente del Senato. Secondo le vecchie volpi di Montecitorio, una cordata di estimatori lo avrebbe voluto al Quirinale. Chi le ha messo un macigno sulla strada del Colle, onorevole Mancino? La domanda può sembrare brusca, a inizio d'un colloquio che durerà due ore piene. Ma il senatore avellinese, settant'anni portati con allegria, non è il tipo mellifluo che traccheggia e indora la pillola: «Per la verità - dice - non ci fu nessun macigno, fui il primo a defilarmi, a tenermi lontano dalla contesa. Oltretutto avevo capito l'antifona». Antifona, nella liturgia cattolica, è il versetto che precede il salmo. Ma che diceva il salmo del Quirinale? «Benché io non sia, come il mio amico De Mita, un intellettuale della Magna Grecia (definizione maliziosa dell'Avvocato), ho subito annusato un che di bruciaticcio. Mi spiego: è vero che si faceva anche il mio nome. Ma il collega Marini (ex sindacalista con pipa, n.d.r.) mostrava di sostenere la dolce Jervolino, che ci ha pure creduto. Sennonché Marini aveva un asso nella manica: bruciare la candidatura della signora e mettersi in pista al posto suo. Sperava di vincere sulla stanchezza altrui». Le dispiace di non avercela fatta? Molti pensano che lei sarebbe stato un presidente coi fiocchi. «A conti fatti, la scelta di Ciampi appare la più saggia. In una situazione che solo un eufemismo potrebbe definire complessa, Ciampi tiene ferma la barra del timone; ed è circondato da una popolarità indiscussa». Parliamo di quel che resta della DC. Sembra un personaggio alla Calvino, un Visconte Dimezzato. Metà a sinistra con Cossutta, e metà a destra con Berlusconi: quando i tempi si sono fatti duri, i duri della DC si sono sciolti come un cubo di ghiaccio al sole. «Ci è caduto addosso un muro, quello di Berlino: ma mentre vinceva la nostra idea di democrazia, ha vinto il partito della dittatura sovietica. Sono gli scherzi della storia: però ce la siamo voluta». Avevate troppi nemici, dentro e fuori. I più accaniti erano nel ventre della Balena Bianca. «Ci ha affondato il buon Martinazzoli, più indeciso di Amleto. Più impotente - metaforicamente - del Dongiovanni in Sicilia di Brancati». Senza contare le aspidi che vi siete coccolate al seno. Rosi Bindi vi bucava le gomme di notte, diceva che eravate una banda di malfattori. «Rosi Bindi non è cattiva, ha la sindrome di Giovanna d'Arco e senza spada non si sente a suo agio. Tempo addietro mi ha perfino tolto il saluto». Anche al Senato si fanno i dispetti, come a scuola? «Le spiego. C'era una riunione dei senatori della Sinistra sui contorcimenti dei girotondini e dei no-global. Qualcuno ha fatto notare che Rosi s'era esposta troppo. Al che lei ha replicato: "Ma se non mi faccio applaudire dai no-global, che ci vado a fare?" A questo punto sono sbottato: "Una persona seria non va a prendere i battimani, va ad esporre le proprie idee. Se alla platea non piacciono, non per questo si deve cambiar gabbana"». Lei si è detto pessimista perché non c'è coesione in un Centro-sinistra sbandato. Pur di far numero, avete imbarcato perfino Di Pietro, che non è un agnellino mansueto. Perché non prendete a bordo anche Segni? «No, lui no: ha la sconfitta sui polpastrelli. Una sera l'ho detto anche a casa dell'on. Manzella, e ho fatto una gaffe: la signora Manzella ha sospirato: La prego, non sia cattivo, Segni è il mio consuocero». Lei è un avversario leale di Berlusconi. Ma che cosa pensa di lui? Crede che abbia ragione Eugenio Scalfari, quando sostiene che è un uomo di plastica? «Macché plastica. E' un fascinatore. C'è qualcosa di mesmerico in lui: riesce a far sentire milionari anche i poveri. Io che lo conosco non ci casco: ma lo temo, temo la sua anima populista, metà Masaniello e metà Mandrake. Potrebbe durare molto a lungo. L'ho seguito da vic

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