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O. J. Simpson: addio al gladiatore maledetto innamorato di Roma

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Antonio Siberia
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O.J. Simpson. O.J. Roma. Non è questione di bene o di male, di colpe o di consolazioni, sulle quali non mancheranno oggi e anche nei prossimi giorni e settimane le considerazioni, le riflessioni, le condanne e le assoluzioni. Un esercizio necessario ma piuttosto facile. Qui si tratta di altro: si tratta di romanità. Una romanità che parte dalla morte: ieri è scomparso O.J. Simpson, uno dei più grandi giocatori di football americano di sempre, un uomo che è stato appese le scarpe al chiodo- anche attore e al centro di uno dei casi giudiziari e mediatici che più ha colpito l’opinione pubblica statunitense, accusato di aver ucciso l’ex moglie Nicole Brown e l’amico Ronald Goldman e pure protagonista di un inseguimento (da inseguito) a Los Angeles, nella solare California, che culminò con il suo arresto. Ebbene in queste righe oggi non vogliamo fare la cronaca dei meriti e delle colpe di un uomo che-comunque la si pensi - resterà nella storia del football ma vogliamo raccontare il suo amore per Roma.

 

 

Anzi, per evitare termini che suonino troppo da soap opera sudamericana, la sua attrazione per Roma. Questa narrazione comincia da una ovvietà che non è per nulla scontata: Simpson, per lo sport che ha praticato e che lo ha reso campione, è stato edera un gladiatore. Senza un Colosseo millenario dove esibirsi ma con tante arene, come sono gli stadi di football in Usa. Ha giocato per undici stagioni nella Nfl (la National Football League, la più grande lega professionistica al mondo di football americano) con i Buffalo Bills dal 1969 al 1977 e coni San Francisco 49ers dal 1978 al 1979. Un’esistenza sportiva di successo che sarebbe poi sfociata in una vita da attore. Un passaggio di corsa, potremmo ironizzare, visto che Simpson nel 1973 è diventato il primo giocatore a correre per più di duemila iarde in quattordici partite della stagione e che una volta chiusa la carriera sportiva, si è dato al cinema, raggiungendo altra fama grazie a un ruolo nella serie «Una pallottola spuntata».

 

 

La sua vita recitata, per tornare all’epoca di Roma e a quanto questa meravigliosa città si sia incrociata con la vita del giocatore di football, è approdata pure a Cinecittà, la nostra Hollywood sul Tevere. Fra i vari ruoli nei film che Simpson ha interpretato infatti c’è anche quello dell’Ispettore Haley in «Cassandra Crossing», una pellicola catastrofica sul terrorismo con attori di prim’ordine, da Sofia Loren a Burt Lancaster, da Richard Harris a Ava Gardner. Il resto è mortalità, purtroppo. Si, perché O.J. Simpson, campione di football che amava Roma, che ha fatto l’attore e che è stato processato e assai discusso, si è spento a 76 anni ieri, per quello che in Toscana definiscono ancora oggi con il termine di malaccio. Un maledetto cancro. Contro cui nessuna meta, nessuna corsa da record, nessuna parte recitata, nessuna fuga in auto può nulla. Anche i gladiatori muoiono. E Roma, che li vede in arena da millenni, lo sa. Il resto è consolazione o - a voler esser romantici - nostalgia. Dell’ultima meta.

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