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Chiara Ferragni, tracollo social dopo il pandoro-gate: dati e scenari

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Quanto tempo una celebrity influencer può restare nel limbo del silenzio social senza postare o limitarsi al minimo indispensabile? È la domanda che si pone l’agenzia Arcadia, guidata da Domenico Giordano, che ha compiuto un’analisi di follower, engagement e reaction dei profili Instagram e TikTok di Chiara Ferragni, fino al Pandoro-gate la regina degli influencer italiani. «Se Chiara Ferragni pensa che il suo percorso professionale sia ancora solido e punta a tutelare i suoi interessi economici e la sua reputazione, sarà costretta a riprendere in tempi stretti quella narrazione condivisa, pur adattandola ai cambiamenti imposti dal caso della beneficenza», dice Giordano all’Adnkronos. Eppure la perdita dei follower Instagram finora è minima, circa 515 mila su un totale di 29 milioni. «Ma questo defollowing ha già prodotto due conseguenze immediate: la prima è percettiva, perché ha instillato nel pubblico digitale la convinzione che l’abbandono è più che altro una scelta punitiva nei confronti di chi ha tradito, per interesse personale, quei valori morali che il fandom considera come un vincolo sacro», precisa Giordano.

 

 

Ma è sulla percentuale di engagement, vera metrica del successo di una social star, che i dati sono impietosi. Si passa dal 5,8% del febbraio 2023, mese spinto dalla partecipazione di Ferragni al Festival di Sanremo, allo 0,18% di questo mese. Sulle reaction totali il discorso non cambia. Il Festival aveva portato quasi 47 milioni di like e commenti, a gennaio 2024 erano calati del 90%: 4,9 milioni. Ovviamente pesa il fatto che Ferragni abbia chiuso i commenti sotto i suoi post, limitandoli solo alle persone da lei seguite, per fermare lo tsunami di voci negative che si affollavano sul suo profilo. Si chiude con TikTok: da quasi sei milioni di reaction a settembre 2023, con una percentuale di engagement del 3,1%, si passa ai rispettivi 88mila e 0,045% di gennaio 2024. Un abisso. Ecco perché Chiara Ferragni è quasi obbligata, se pensa ancora di investire con il suo brand nella content economy, ad accantonare in tempi brevi la strategia del silenzio.

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