Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

Israele, lo storico Segev demolisce Netanyahu: “Politicamente morto. Come può salvarsi”

Gabriele Imperiale
  • a
  • a
  • a

Politicamente morto. È così che lo storico e commentatore israeliano Tom Segev descrive il premier israeliano Benjamin Netanyahu nella sua intervista a Il Corriere della Sera. “Politicamente morto” dice Segev ma “potrebbe salvarsi” se dimostrerà che “ha risolto il problema di Gaza scacciando all’estero i suoi oltre due milioni di abitanti palestinesi”. Lo scrittore classe 1945 è durissimo con il suo primo ministro: “Deve fare qualche cosa di talmente drammatico ed estremo da far dimenticare” sottolinea “quanto catastrofico e inetto è stato il suo governo di fronte all’attacco terrificante di Hamas contro la nostra popolazione”. Secondo lo studioso di storia contemporanea, l’errore più grave di Netanyahu sarebbe stata l’idea di poter convivere con Hamas “lavorando per indebolire l’Autorità palestinese in Cisgiordania in nome del principio del dividi et impera”. Operazione mal riuscita dato che le decisioni dell’esecutivo “hanno lasciato crescere l’enorme arsenale di missili nelle mani di Hamas”. 

 

 

Segev nella sua intervista al quotidiano dice di più e analizza in profondità le ragioni della guerra che si sta consumando in Medio Oriente, della contrapposizione tra gli israeliani e il loro retaggio dell’olocausto e i palestinesi e la Nakba, l’espulsione dalle loro terre. “L’Olocausto resta l’elemento centrale dell’identità israeliana” dice Segev. A volte “è difficile distinguere tra sentimenti genuini, oppure manipolazione politica” ma tre sono state le mosse dello stato israeliano in risposta alla Shoah: “Portare qui oltre un milione di ebrei subito dopo la sua nascita nel 1948; la costruzione della bomba atomica negli anni Sessanta e la decisione dell’attacco preventivo contro gli eserciti arabi nel giugno 1967”. Un unico incubo dice lo scrittore è perdere la guerra “sinonimo di prossimo Olocausto” e questo pensiero si è manifestato nella politica estera. “I nostri leader a turno hanno paragonato quelli arabi a Hitler” e ciò vale anche per la politica interna: L’ex premier assassinato Yitzhak Rabin veniva accusato dalla destra israeliana di essere un kapò traditore perché voleva il compromesso con Yasser Arafat”. E a chi dice che oggi Israele è “forte e armato”, Segev risponde: “Certo, e allora emerge evidente l’errore, la non comprensione del nemico” perché “abbiamo i mezzi per difenderci e non li abbiamo usati. Gravissimo” chiude.

 

 

E la Nakba? “Rifiuto qualsiasi parallelo. Non ho studiato la percezione palestinese. Posso dire che sin dalle sue origini il movimento sionista non ha mai neppure pensato allo sterminio dei palestinesi” esordisce. “È vero però che l’idea dell’espulsione degli arabi per garantire il nostro Stato è stata costante” ammette Segev che poi però ridimensiona: “Non per forza tutti, ma una buona parte di loro da un territorio che deve essere il più esteso possibile e avere il massimo numero di ebrei”. Ma la Nakba è possibile? - chiede ancora il giornalista Lorenzo Cremonesi. “Siamo in un momento estremo” risponde Segev. “L’eccidio di Hamas è stato troppo grave” e a colpire lo storico è il fatto Tel Aviv “si dimostri pronto a sacrificare gli ostaggi pur di colpire Hamas”. L’espulsione di massa dei palestinesi è “nell’ideologia di questo governo” sottolinea il commentatore che chiude l’intervista con una rivelazione: “Netanyahu potrebbe tornare popolare”.

 

Dai blog