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L'Aria che Tira, Quirico è pessimista e vede un destino tragico per gli ostaggi israeliani

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Cosa staranno provando in questo momento le decine di persone portate a Gaza in ostaggio dai guerriglieri di Hamas? A rispondere a tale domanda e a dare il suo punto di vista è il giornalista Domenico Quirico, ospite di David Parenzo a L'Aria che tira. Quirico, in collegamento nella puntata del 10 ottobre del talk show mattutino di La7, il 9 aprile 2013, mentre si trova in Siria come inviato di guerra, svanisce nel nulla, con la prima notizia del suo rapimento che giunge il 6 giugno quando si apprende che è ancora vivo. Viene infine liberato l'8 settembre 2013, dopo 3 mesi e 2 giorni di sequestro, grazie ad un intervento dello Stato Italiano, e riportato a casa. Quirico risponde così dopo essere stato lui stesso sequestrato e finito nelle mani della jihad islamica per cinque mesi: “Ho cercato di raccontare quello che è il tragico meccanismo che ogni sequestrato prova su di sé. La solitudine, l'angoscia che cresce con il passare delle ore e dei giorni, a volte dei mesi e degli anni, la sensazione di sentirsi totalmente solo. E di non sapere cosa potranno o non potranno fare quelli che lo verranno a salvare, il sequestratore, che fa il suo orribile mestiere, ce lo hai davanti. A un certo punto avviene un ribaltamento del rapporto tra chi è sequestrato e quello che gli sta intorno, quello che lo rende disperato e gli fa paura è l'impressione che nessuno dei suoi possa o voglia fare qualcosa per venirlo a salvare. Questo determina uno scivolamento, si sente totalmente solo da non provare più angoscia e dolore, alla fine crede solo nell'istantaneità dell’esistere”.

 

 

Quirico è molto pessimista sul destino degli ostaggi - che sarebbero almeno 150 - portati da Hamas a Gaza: “Israele ha fatto trattative anche per riportare a casa cadaveri, ha fatto operazioni di liberazione fino in fondo all’Africa. Qui il problema è che siamo di fronte all'enormità dell'operazione e dell’umiliazione, dell’offesa militare e politica subita da Israele. È un qualcosa di unico. Questo temo che gli ostaggi lo sentano, Israele in questo momento deve riportare un terrificante equilibrio nell’enormità di quello che ha subito, deve riportare tutto ad una sorta di pareggio e in questa logica l'ostaggio diventa un elemento tragicamente e umanamente secondario”.

 

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