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Rai, la nuova fiction è una poltrona per due: la battaglia tra l'ad e il dg

Luigi Bisignani
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Caro direttore, in Rai va in onda «una poltrona per due», la classica commedia sul prossimo Cda, con protagonisti due superstar: l’ad Roberto Sergio, una vita a cavallo tra Dc e Pd, e il dg Giampaolo Rossi, quello che, con iperboli stokeriane, dava del Dracula a Mattarella e che oggi pare si consideri l’unico autentico vate del credo meloniano anche se in passato ha strizzato l’occhio a Forza Italia. Ma per capire il presente occorrerebbe fare un passo indietro, alla tanto vituperata Prima Repubblica, e ci ritroveremmo in un «Tale e quale show». Allora si diceva che, per leggere il futuro delle alleanze politiche, bisognava tener d’occhio ciò che accadeva in Sicilia e in Rai. Certo, oggi non c’è più a Palermo un gesuita diabolico come Padre Pintacuda, soprannominato da Francesco Cossiga «Padre Barracuda», il quale inventò la Rete di Leoluca Orlando; né in Rai ci sono più due giganti, come Ettore Bernabei e Biagio Agnes. Panta rei, anche se a Palermo oggi cresce inaspettatamente di nuovo la vecchia Dc di Salvatore Cuffaro a rafforzare ulteriormente il centrodestra in vista delle elezioni europee del 2024. Laddove a Roma, in quel di Montecitorio, in quella giungla che è da sempre la commissione parlamentare di Vigilanza sulla Rai, questa volta sono i Cinque Stelle a correre in soccorso alla maggioranza di centrodestra, votando a favore sul fondamentale «contratto di servizio», in chiave anche di omotransfobia, lasciando di stucco il Pd. Tanto da far dire ad una politica arguta come Maria Elena Boschi, Meb nella vita digital, che ben conosce le dinamiche parlamentari: «Ci accusano di essere la stampella del governo, ma in realtà sempre più spesso la vera stampella per la maggioranza è Conte con i suoi grillini». Dopo il misfatto in commissione Rai, l’ex premier di Volturara Apulia sembra abbia fatto alzare la cornetta ai suoi per smentire le voci sul baratto del voto in cambio di uno strapuntino a Roberto Gueli come vicedirettore della Tgr. Va dato atto al leader pentastellato che sulle nomine Rai, in questi ultimi mesi, si è dimostrato più abile di un consumato doroteo, riuscendo a mettere in scacco la macchina da guerra pseudoculturale del Pd. Chissà se il funambolico Conte si sta apprestando, dopo essere andato a braccetto con Lega e Pd, ad un’altra clamorosa giravolta? E la Meloni, che tra i suoi mantra ha la coerenza nelle alleanze, come l’avrà presa? Si vedrà.

 

 

Comunque vada, la prossima vera battaglia in Rai è quella del rinnovo del Consiglio di amministrazione, in scadenza a luglio 2024, dove, come detto, la poltrona principale di Ad se la giocano Roberto Sergio, che vuole essere riconfermato, e Giampaolo Rossi, convinto di conquistare il trono di via Mazzini in nome di una staffetta che gli fu promessa. Non dovrebbe però dimenticare che in politica - perché la Rai è politica - le staffette non hanno mai funzionato, come quella storica tra Craxi e De Mita, negli anni ‘80. Ma come si sta adoperando il dg Rossi per guadagnarsi i galloni di ad? Per dimostrare di essere l’homo melonianus per eccellenza, boicotta le testate e le direzioni più prestigiose - prive, a suo dire, di purosangue meloniani - nonostante vi siano stalloni di gran pregio. Perfino un direttore generale come Luigi Gubitosi, che al tempo dovette, un po’ come tutti i dg Rai, subire alcune nomine, sapeva che certi punti di forza della Rai a partire dal Tguno vanno sempre e solo potenziati, mai sabotati, privandoli di mezzi e di personale giornalistico adeguato. Per Rossi, invece, l’illuminata strategia odierna sembra quella di avvantaggiare RaiNews24 - una corazzata di oltre 200 giornalisti e audience da prefisso telefonico - con uno spiegamento di forze fuori dal comune, diretta dallo yes-man Paolo Petrecca, soprannominato scherzosamente «forbice nera» perché pare ritagli i pezzi sgraditi al Palazzo. Petrecca, grande tifoso della Lazio, sta vivendo un momento difficile, tanto che il comitato di redazione lo ha punito con un severo comunicato in cui si evidenzia «l’abitudine del direttore di ignorare le regole sindacali». Per tutta risposta, ha fatto sapere di non voler più ricevere i giornalisti della sua redazione, neanche fosse un sottosegretario del MinCulPop del Ventennio. E così, da una parte del campo abbiamo Giampaolo Rossi, tutto preso nel difendere il verbo meloniano, occupandosi solo della parte editoriale a vantaggio delle costosissime produzioni esterne ed evitando di mettere il naso in tutte le altre responsabilità amministrative che gli competono.

 

 

Dall’altra parte c’è l’ad Sergio, che si è distinto per dare il via libera senza condizioni a Report di Sigfrido Ranucci, al punto che la prima puntata che va in onda stasera è dedicata, dopo un diluvio di spot a tutte le ore, al presidente del Senato, Ignazio La Russa. In tutto questo, il Cda assiste alla vita in diretta della strana coppia Rossi-Sergio, procrastinando problemi drammaticamente atavici come la vendita di RaiWay o il piano immobiliare, a partire dall’amianto sul tetto di viale Mazzini, o ancora del trasferimento delle sedi di Milano di corso Sempione e di via Mecenate verso la Fiera. In questo marasma, almeno due donne in Cda è come se fossero delle inviate all’estero: l’algida presidente Marinella Soldi si sente molto più a suo agio a Londra come consigliera della Bbc mentre Francesca Bria, voluta da Andrea Orlando e appena defenestrata da Cdp Venture Capital, viaggia, malinconica, tra la Spagna e Berlino in cerca di autore. Poi c’è Simona Agnes che prova a mediare. Ma il più intraprendente di tutti, che guarda con sospetto «l’Eredità» della poltrona di ad tra i due contendenti Rossi-Sergio, è il leghista Igor De Biasio: nonostante i grattacapi della presidenza di Terna, assieme ad Alessandro Morelli, ex viceministro alle Infrastrutture, riceve in modo carbonaro i giornalisti vicini al Carroccio per coordinare una strategia pro Salvini. E Giorgia Meloni, nel circo Barnum della tv di Stato, dove si colloca? Per adesso sta alla finestra, divertendosi a far giocare tutti, in attesa di una «Reazione a catena». Irresistibile vederla finalmente ridere al teatro Brancaccio, con tutta la sua simpatica corte, allo spettacolo del duo comico Pio e Amedeo che, improvvisando una gag, la pregavano di intercedere per loro nella tv pubblica nel caso Piersilvio li mandasse via da Mediaset. Aggiungendo, perfidamente, che tanto in Rai ormai si stanno specializzando in ascolti bassi. Di tutto di meno.

 

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