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Massimo Giannini, i fischi a Meloni alla Cgil non bastano: "Minimo sindacale"

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Potevano fare molto di più i delegati della Cgil che hanno accolto a suon di fischi, pugni chiusi, peluche in stile Cutro e il coro di Bella ciao la premier Giorgia Meloni invitata da Maurizio Landini al congresso del sindacato a Rimini. Secondo Massimo Giannini hanno fatto il "minimo sindacale". Viene da chiedersi quali altre proteste avrebbero dovuto architettare per accogliere la premier. Il direttore de La Stampa è intervenuto venerdì 17 marzo a Otto e mezzo, il programma condotto da Lilli Gruber su La7. 

 

Il giornalista premette che "era dal '96 che un presidente del Consiglio non si presentava al congresso della Cgil (l'ultimo fu Romano Prodi ndr)",  poi rimarca "l'importanza di quello che abbiamo visto oggi". Tuttavia, argomenta Giannini, "credo sia stata un'operazione di marketing politico per entrambi. Per la Meloni, in posizione win win, ha dimostrato di avere coraggio. Per Landini perché ha dimostrato che la Cgil è un attore sociale fondamentale che ha il riconoscimento di questo governo". Nel merito di quanto sentito a Rimini, Giannini si limita a dire: "Mi fermerei qui, dato che si tratta di divergenze parallele, non si incroceranno mai" perché la leader di Fratelli d'Italia "non ha concesso nulla a Landini, e non che me lo aspettassi".

 

Sulle proteste dei delegati contrari all'invito a Meloni poi spiega: "È stato il minimo sindacale". In studio c'è anche Franco Bernabè, banchiere e dirigente d'azienda, ribatte: quella della premier è una  "grande leadership, ho trovato inopportuno che molti delegati siano usciti dalla sala". 

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