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"Saviano arrenditi", Senaldi smonta i teoremi sinistri su Messina Denaro

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L'intervista di Robero Saviano sull'arresto di Matteo Messina Denaro pubblicata martedì 17 gennaio dalla Stampa "proietta il lettore in un universo parallelo ma opposto alla realtà", afferma Pietro Senaldi su Libero in un articolo in cui ricorda che il superboss mafioso di Castelvetrano "non l'ha preso il Pd", come invece si evincerebbe dalle parole dello scrittore di Gomorra, invitato dal condirettore del quotidiano ad "arrendersi alla realtà". 

 

Siamo alle solite. Con Saviano, argomenta Senaldi, la "recitazione" prevale sull'etica professionale e "l'insulto fa parte delle licenze letterarie, almeno a quanto l'autore sostiene per difendersi dalle querele della Meloni, che lo ha portato alla sbarra" per diffamazione. Saviano, "barbuto Savonarola" coglie inoltre "l'occasione dell'arresto di Messina Denaro anche per tentare un pirotecnico paragone tra la leader di Fratelli d'Italia e il boss Graviano, da trent'anni in carcere e che lo accusa di dire falsità nel suo ultimo libro, beandosi del fatto che sono in tanti in questo periodo a volerlo portare in tribunale".

 

Senaldi passa poi in rassegna le sparate di Saviano che prefigurano "complotti e trattative tra lo Stato e la mafia come se la Meloni, insediatasi da meno di tre mesi, abbia potuto incanalare e portare a termine un'intesa con Cosa Nostra sull'arresto del suo capo. Cose da neurodeliri". Lo scrittore sotto scorta afferma "che quella di oggi ormai è più debole di camorra, 'ndrangheta e sacra corona unita, sono passati i tempi di Riina. E perciò, si lascia intendere, non era poi troppo difficile pizzicare quell'anziano malato in clinica che faceva tutti fessi da trent'anni", commenta Senaldi che ricorda un dato su tutti: i bossa "da Provenzano a Messina Denaro, ma in fondo anche Riina, vengono sempre presi quando la sinistra sta a guardare". Ma a sentire Saviano la realtà sembra un'altra. 

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