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Il Made in Italy deve arrivare dal Sud Italia

Bruno Villois
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La bolletta energetica continua a raddoppiarsi, in molti casi triplicarsi. L’avvicinarsi della stagione fredda complica ulteriormente le cose, visto l’imperioso aumento del gas, tanto da far prevedere, per i 6 prossimi mesi di riscaldamento, una bolletta esplosiva. La situazione è già insostenibile per una gran parte delle famiglie italiane e piccole e micro imprese e sta intaccando sempre più ogni ceto sociale e tipo di azienda... La sfida per essere prima ridimensionata e poi riportata a un livello accettabile, paradossalmente, necessita che l’annunciata recessione prenda rapidamente piede e faccia letteralmente crollare la domanda di gas e petrolio. L’Opec, la potentissima organizzazione capitanata dal mondo arabo, ma di cui fa parte e anche in maniera tutt’altro che secondaria la Russia, nell’ultima riunione ha deciso di ridurre le estrazioni, temendo un calo del prezzo in ragione di una domanda che si assottiglia. Ad anticipare mosse e situazione saranno come sempre gli Stati Uniti, con un occhio molto attento alla Cina. Nella prima la recessione, cosi detta tecnica, è gia in corso, nella seconda non si andrà sotto la parità del Pil, ma dai faraonici + 8-10% ad uno striminzito + 2%, la differenza è abissale. Il nuovo Governo si troverà a comporre le sue mosse su una scacchiera quanto mai incerta, nella quale ogni azione assunta rischia di essere inadeguata. Serve affrontare con la massima rapidità la situazione, prima che sfugga di mano e si inneschi una pericolosa tensione sociale che colpirebbe proprio il nascente Governo, e con esso l’intera politica. L’arrivo di una recessione in Italia colpirebbe pesantemente soprattutto il centro-sud, i cui dati socio economici sono perennemente in calo. Il loro contributo, per la realizzazione del Pil nostrano è all’incirca del 40%, il reddito procapite è quasi della metà di quello del nord, la disoccupazione è la più alta dell’unione Europea.

 

 

 

Il solo Lazio, grazie a Roma,si differenzia in meglio. In questa fase serve guardare realisticamente e realmente al meridione, è li che si annida il maggior rischio socio-economico Paese. Serve un’azione forte che vada oltre i soliti luoghi comuni, che vedono il sud come la California dell’Europa, puntando decisamente sulla industrializzazione del sistema meridionale, ma anche delle province laziali. Per farlo è indispensabile un patto di ferro tra Stato e associazioni datoriali, ma anche sindacali dei lavoratori, il cui contenuto preveda che lo Stato, grazie anche al Pnrr, ma non solo, investa in infrastrutture di collegamento e formazione specializzata per ogni tipo di mansione, aprendo anche al conferimento di risparmio degli italiani(ad oggi sono 5,3 i trilioni di euro che costituiscono la ricchezza finanziari degli italiani, dei quali quasi 1,9 trilioni sono in depositi bancari), sostenuto dalla totale detraibilità dalle tasse dei conferitori, in modo da raggiungere le centinaia di miliardi che servono per dare corso alla modernizzazione complessiva da Roma in giù. Ma serve anche un impegno altrettanto robusto, da parte degli associati di Confindustria, di realizzare migliaia di insediamenti produttivi, ripetendo il modello veneto-emiliano degli anni ’70 e ’80. Se è vero che il Made in Italy è iper ambito, allora serve una produzione più ampia dell’attuale e questa deve arrivare integralmente dal patto del mezzogiorno. Si può fare se si supera la demagogia che fin’ora ha contraddistinto la politica anche privata verso il sud.
 

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