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Autunno caldo, la maggioranza di governo non ha la compattezza per affrontarlo

Riccardo Mazzoni
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C'è un ragionamento che circola da un po’, con una certa insistenza, nei Palazzi della politica, e che non dispiace per nulla ai quattro quinti dei parlamentari già certi di non essere rieletti: prolungare fino all’ultimo giorno utile questa legislatura per consentire a Draghi di restare al timone del governo per un altro anno, anche se - nell’ultimo segmento temporale - solo per il disbrigo degli affari correnti. La Costituzione lascia al capo dello Stato un ampio margine di discrezionalità, ma prassi vorrebbe che non ci fosse un prolungamento oltre i cinque anni «naturali»: la legislatura passata, ad esempio, è durata dal 15 marzo 2013 al 22 marzo 2018, perché Mattarella sciolse le Camere subito dopo l’approvazione della Finanziaria senza ascoltare le suppliche di chi per i motivi più vari voleva guadagnare qualche altro mese. Ma ora c’è una guerra in corso, e l’orientamento del Colle - si dice - potrebbe essere diverso per cui, anche se la legislatura finisce nell’ultima settimana di marzo, facendo scattare solo da quel momento i 70 giorni previsti dalla Costituzione, le elezioni si terrebbero tra fine maggio e inizio giugno 2023. Poi, tra insediamento delle nuove Camere, consultazioni e giuramento del nuovo governo, passerebbe altro tempo prezioso per ritardare il ritorno alla fisiologia democratica dopo la travagliata parentesi dell’unità nazionale.

Il Foglio l’ha chiamata «operazione bulloni» per mettere l’Italia in sicurezza, dalle nomine più importanti all’avanzamento del Pnrr, prima di quello che viene evidentemente ritenuto un salto nel buio, visto lo stato di perenne fibrillazione in cui versano sia il centrodestra che il cosiddetto campo largo. Una scuola di pensiero che, sulla scorta dell’onda anomala che travolse le istituzioni dopo il voto del 4 marzo 2018, tende ormai a considerare ogni passaggio elettorale come una riffa dagli esiti imprevedibili, e ritiene questo governo l’unico antidoto al virus dell’instabilità.

Peccato, però, che quel virus stia già circolando in dose industriale nella maggioranza che sostiene Draghi, e l’antico vizio di considerare i risultati di qualche ballottaggio come una sorta di giudizio universale non ha fatto altro che moltiplicare il contagio, fino a costringere il premier ad anticipare il rientro in Italia dopo aver partecipato a un vertice storico della Nato come quello appena concluso a Madrid. È evidente dunque che i bulloni stanno saltando a uno a uno, ormai senza soluzione di continuità, e che il vincolo esterno della crisi internazionale è un cemento politico diventato argilla, con le bandierine identitarie piantate come frecce nel costato di Draghi. La cronaca degli ultimi giorni è in questo senso illuminante, tra lo spirito di rivalsa di Conte che si alimenta di complotti veri e presunti, pronto a tenersi le mani libere se il suo prossimo penultimatum verrà disatteso; il Pd che cerca la prova di forza alla Camera su temi dirompenti come cannabis e ius scholae derubricandoli a questioni parlamentari che non coinvolgono il governo; il centrodestra che vota compatto al Senato per togliere i balneari dalla Bolkestein sconfessando il decreto Concorrenza; Leu che nel suo piccolo annuncia il no all’Autonomia differenziata. Un’autentica babele dell’assurdo col solito corollario di rinfacci reciproci su chi lavora per sabotare la maggioranza. C’è insomma un inquietante clima da rompete le righe, e nessuno sembra più avere in mano la campanella che suona la fine della ricreazione, che anzi sembra appena cominciata, con la prospettiva di un crescendo rossiniano di conflittualità.

Più che il vincolo esterno dunque, che presupporrebbe responsabilità e rinunce, sembrano contare molto di più i vincoli interni ai partiti e alle coalizioni: una deriva destinata a peggiorare in modo esponenziale in vista della Finanziaria che precederà le elezioni, quella dell’assalto finale alla diligenza. Il rischio è di affrontare l’autunno caldissimo che ci aspetta con una maggioranza balcanizzata e un governo poco più che balneare, e in queste condizioni avrebbe veramente poco senso allungare la legislatura oltre la legge di bilancio. Sarà già un miracolo farla approvare. 

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