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Legge elettorale, il ‘fattore Ucraina' spinge al proporzionale. Politica al collasso

Fabrizio Cicchitto
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Il nucleo centrale dell'Europa, costituito dalla Francia, dalla Germania e dall'Italia è stato costretto a dare un segnale netto di appoggio all'Ucraina anche perché la Russia di Putin ha mandato messaggi del tutto negativi. Allo stato la Russia non vuole trattare e dopo la sconfitta del suo blitz a Kiev ha riconvertito la sua strategia e sta ripartendo dal Donbass, ma non si capisce se e quando vuole fermarsi. Questo aggravamento del confronto implica però una serie di conseguenze. Innanzitutto a livello europeo la Presidente della BCE Lagarde va messa in condizione di non nuocere, Paolo Gentiloni deve far sentire il suo ruolo e il suo peso in modo più incisivo di quanto non è avvenuto in questi ultimi tempi. L'ora della verità si profila anche per quello che riguarda la maggioranza di governo, finora il PD dal punto di vista delle grandi scelte geopolitiche è stato guidato in modo equilibrato da Enrico Letta nel senso che esso si è dislocato su una linea atlantica ed europeista con una netta differenziazione rispetto al pacifismo a senso unico del segretario della Cgil Landini, per non parlare di professori cultori dello stalinismo come Luciano Canfora. Il PD però deve fare i conti con il fatto che è fallito il sogno di fare del Movimento 5 stelle l'altra «costola» della sinistra e addirittura di Conte «il punto di riferimento dello schieramento progressista», anzi al contrario Conte sta esprimendo posizioni di straordinaria ambiguità che stanno entrando in rotta di collisione con la linea assunta dal ministro degli Esteri Di Maio.

 

 

Allora se «il campo largo» riguarda solo il Movimento 5 stelle il rischio attuale è che esso si risolva in una sorta di deserto dei tartari. Di conseguenza il PD non può non fare i conti con le varie posizioni espresse dai centristi riformisti anche se alcune di esse sono caratterizzate dall'esistenza di autentici «complessi napoleonici» talora velleitari è un po' ridicoli. Ma comunque nella sostanza quell'area esprime posizioni di sostegno alla linea di Draghi. In questo quadro, poi, tutt'altro che convincente appare un aspetto della linea assunta dal PD nei confronti del centrodestra: quando a guidare i sondaggi per le forze del centrodestra è Salvini allora a Giorgia Meloni è riservato un trattamento del tutto privilegiato, quando invece è essa ad avere il primo posto in classifica allora si passa a una assoluta demonizzazione rimuovendo un dato elementare: al di là di molte posizioni discutibili sulla decisiva questione dell'Ucraina Giorgia Meloni ha assunto una posizione assai più rettilinea e chiara di quella ondeggiante è ambigua adottata da Salvini.

 

 

Qui veniamo appunto all'altra grande questione aperta che riguarda le scelte di politica estera fatte dalla Lega che perdipiù è forza di governo. Da tutto ciò ricaviamo un avviso ai naviganti per le elezioni del 2023: abbiamo l'impressione che per evitare una sorta di collasso del sistema politico italiano viste le profonde differenze su temi cruciali esistenti sia all'interno del centrodestra che del centrosinistra è molto più utile per tutti la scelta di un sistema elettorale proporzionale con preferenze in modo da ristabilire un qualche rapporto fra eletti, partiti ed elettori anche perché l'attuale tasso di astensionismo è negativo per le sorti della democrazia italiana.

 

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