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Non ci resta che piangere, il popolo giallorosso saluta Francesco Totti

Silvia Sfregola
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Lacrime a fiumi. Sugli spalti, in campo, anche dai muri di una città che lo amato ed eletto a suo simbolo. Per 25 anni Francesco Totti è stato semplicemente Roma. Due parole che, nel corso, del tempo sono diventate quasi un sinonimo. Il ragazzo di Porta Metronia che indossa la maglia della squadra che fa il tifo e non la lascia mai per tutta la sua carriera dicendo anche no al Real Madrid. Una fiaba. Una leggenda da tramandare di padre in figlio. Una storia infinita che viene spezzata solo dall'unico ed inesorabile regista della vita di tutti: il tempo. "È venuto a bussare alla mia porta e mi ha detto di crescere. Maledetto tempo", ha dovuto riconoscere singhiozzando nella commuovente lettera di addio ai tifosi declamata quasi fosse una preghiera al termine della gara. Più che un saluto quello di Francesco è un grido di aiuto perché la Roma, tranne nell'ultimo travagliato anno, è sempre stata "Totti più altri dieci giocatori" ma da domani non sarà più così. Difficile a credersi per i tifosi figuriamoci per lui che confessa in questi giorni di avere "pianto tanto". "Concedetemi un po' di paura. Ora sono io ad avere bisogno di voi", ha detto ai 60mila dell'Olimpico che lo acclamavano come una divinità

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