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Non sfottete il Cavaliere

Luigi Bisignani
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Caro direttore, in tempi di manipolazione sui dati personali, trattare Berlusconi come un guitto per la sua ultima performance al Quirinale è un errore ingenuo. Spesso la sua mimica e i suoi gesti da vecchietto nel salone del West sono stati compresi solo molti anni dopo.  Tanto per non dimenticare, riavvolgiamo il film in due fotogrammi, di politica estera e del teatrino della politica: l'atteggiamento di duro contrasto all'attacco in Libia contro Gheddafi nel 2011 e poi quando, durante una delle corride di Michele Santoro che fu decisiva per vincere le elezioni del 2013, con il fazzoletto bianco ripulì la sedia dove poco prima si era seduto Marco Travaglio. Giovedì scorso, uscendo dallo studio di Mattarella assieme a Giorgia Meloni e Matteo Salvini, per la prima volta nel ruolo di comprimario, si è ripreso la scena con una battuta sul senso della democrazia rivolta a Giggino Di Maio, il quale si rifiuta persino di parlare con lui che nel corso degli anni ha raccolto oltre duecento milioni di voti. Da sempre per certa stampa il Cavaliere è stato «il Caimano», additato come un tiranno capace di piegare l'informazione ai suoi voleri, pur essendo in realtà un campione di liberismo che ha reso migliore la vita degli italiani. Con quella battuta, magari anche a sua insaputa, ci ha aperto gli occhi sulla trasformazione che la democrazia sta vivendo nell'era drogata di Zuckerberg. Abbiamo tutti sotto gli occhi il caso Cambridge Analytica, la più grande profilazione di individui che tanto sarebbe piaciuta ai nazisti in epoche da non dimenticare; oppure l'esempio che viene da Singapore, da cui si evince che l'utilizzo consapevole dei dati e degli algoritmi può produrre forme di governo assolutamente anti-democratiche ed arrivare a vere e proprie dittature gestite da formule matematiche. Berlusconi, uomo dalle intuizioni geniali, vuole dirci probabilmente che, se continuiamo nell'indifferenza a dare a Di Maio ed ai suoi accoliti la piattaforma Rousseau per la gestione del Paese, c'è in nuce una deriva populista da contrastare assolutamente nel nome della democrazia con la D maiuscola, quella che «il Caimano» ha sempre e comunque rispettato.

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