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One billion per lo scoop de Il Tempo

Le grandi manovre di Friedkin e Pallotta

Tiziano Carmellini
Tiziano Carmellini

Perché lo sport, come la vita, si può vedere e quindi raccontare anche da un'altra prospettiva

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La parola chiave è “one billion”. O meglio il miliardo che Pallotta ha chiesto al connazionale Friedkin per cedere il pacchetto azionario della As Roma attualmente in suo possesso. Un pacchetto che comprende anche la possibilità di costruire lo stadio a Tor di Valle per il quale servirà un altro miliardo per un plan-business complessivo pazzesco. Non male se si considera che, mister “zeru titoli” (come qualcuno si è divertito a ribattezzarlo nella Capitale), acquistò la Roma otto anni fa al valore di “soli” duecento milioni di euro. Insomma ha quintuplicato l'investimento, facendo diventare la Roma uno dei top club al mondo. Certo, per avere botte piena e moglie ubriaca sarebbe servito anche vincere sul campo, riuscire a far felici i tifosi che da anni aspettano a bocca asciutta qualcosa da festeggiare: questo non gli è riuscito. Forse perché a Pallotta è toccato fare il lavoro sporco tuffandosi nell'avventura Roma, prendendo il bello della società, della tifoseria, della passione con la possibilità di realizzare uno stadio (che comunque ancora non s'è fatto), ma anche dovendo ingoiare il peggio del mondo quando le cose non sono andate bene. Gli hanno detto di tutto (giustamente o no non spetta a noi dirlo), ma l'unica cosa che non si può negare al tycoon di Boston è quella di aver strutturato la “nuova” Roma come un grande club internazionale. E questo, per il passaggio che la società si appresta a fare, è una condizione fondamentale: una base senza la quale questa operazione non si sarebbe potuta nemmeno ipotizzare. E ora che l'operazione Friedkin ha l'ok della stampa internazionale, ben ventisei giorni dopo lo scoop de Il Tempo, tutto può andare a buon fine. Quel 24 ottobre, quando questo giornale scrisse dell'interessamento “vero” del mister Toyota americano, qualcuno provò anche a smentire: non la Roma che si trincerò dietro il più classico dei “no comment”. Era un segnale anche quello, chiaro: ma non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire…

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