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Un dilettante nel senso più alto del termine? Un artista multiforme a cui spetta un posto nell'Olimpo della creatività italiana del XX secolo? Il nome non può che essere quello di Alberto Savinio (1891-1952).

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Conqualcosa in più nel dna familiare, visto che il suo vero nome e cognome era Andrea de Chirico, fratello di Giorgio, l'inventore della pittura metafisica. I due erano così legati da identificarsi nei mitici Dioscuri. Ed entrambi amavano la profondità dell'enigma e della “maschera”, per dirla con l'amato Nietzsche. Solo da pochi anni sono stati riconosciuti l'estro e l'originalità di Savinio. Tra i primi in Italia ad accorgersi del suo valore poliedrico c'è stato un critico letterario fine ed arguto come Walter Pedullà, fin dalla seconda metà degli anni '70. Lo si vede bene anche ora in un libro illuminante che riprende ed arricchisce quegli studi: “Alberto Savinio scrittore ipocrita e privo di scopo” (edizioni Anordest). Ma non ci si lasci sviare dal titolo che in realtà nasconde un elogio. Ipocrita infatti, nel senso etimologico greco, è “colui che esamina da sotto”, e quindi, per dirla con Pedullà, è “l'understatement da cui guarda e scrive Savinio. L'opzione novecentesca per i linguaggi bassi”, un elemento che contribuisce a farne “uno dei più alti prosatori italiani del Novecento”. E per l'altro appellativo, precisa Pedullà, Savinio era un “dilettante della vita senza scopo”, uno che “scrivendo, suonando e dipingendo, si faceva piacere la vita”, “un nomade che viaggia incessantemente fra epoche, culture, lingue, arti e generi letterari”. Se dal punto di vista musicale la sua formazione fu solida, come scrittore e pittore era un autodidatta ed aveva cominciato a dipingere sul serio, per diletto ma anche per necessità economiche, non prima del 1925, a Parigi, a 34 anni. Ma raggiunse subito un livello altissimo, in bilico tra surrealismo e metafisica ma con cifre personalie spesso capaci di superare i misteri dipinti dal fratello. Nel libro spiccano due testimonianze di Ruggero Savinio, figlio di Alberto¨, anch'egli pittore di vaglia. Ricorda l'espressione del padre mentre dipingeva, chiuso tutto il giorno nel suo studio di Viale Bruno Buozzi, nell'appartamento di famiglia: “un misto di attenzione, benevolenza e divertimento. Un'espressione molto diversa da quella rannuvolata di quando era al tavolo di scrittura, e da quella concentrata, chiusa e ansiosa di quando componeva musica”. E così il proteiforme Savinio amava definirsi " pittore di là dalla pittura”. Gabriele Simongini

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