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di ANDREA GAGLIARDUCCI Si chiama «Archivio segreto», e il nome evoca scenari inquietanti: faldoni nascosti, segreti inconfessabili e inaccessibili, preziosi incunaboli che non hanno mai visto la luce.

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Èun archivio di proprietà del Papa, che ne detiene il governo. Ed è un archivio di cui il Vaticano si è dotato esattamente quattrocento anni fa (nel 1612) per raccogliere tutti i documenti della Chiesa universale. E alcuni pezzi di questo archivio saranno esposti il prossimo febbraio ai Musei Capitolini, per la mostra «Lux in Arcana». È un evento unico. Per la prima volta, i documenti dell'Archivio Segreto superano le mura vaticane e vengono esposti al pubblico. La mostra è ancora in via di definizione, ma già si sa qualcosa di quello che sarà esposto. Ad esempio, gli atti del Processo di Galileo Galilei, che quasi hanno «inaugurato l'archivio» (vanno dal 1613 al 1633). Oppure il Dictatus Papae di Gregorio VII (1073-1085), 227 proposizioni dettate dalla viva voce del Papa ed inserite nel registro originale della sua Cancelleria per affermare la supremazia del Papa su ogni altro potere, compreso quello dell'imperatore. E infatti passano due secoli, e nel 1245, a conclusione della terza sessione del Concilio di Lione, Innocenzo IV dichiara l'imperatore Federico II, già scomunicato da Gregorio IX, «prigioniero dei propri peccati e abbandonato da Dio e privato di ogni onore», deponendolo formalmente della dignità imperiale. Anche questo documento sarà esposto ai Musei capitolini, per quella che il sindaco di Roma ha definito «un eccezionale e unico dono fatto alla città di Roma dal Vaticano». Ma non può non destare curiosità la segnalazione che saranno esposti anche alcuni documenti del «periodo chiuso» relativi alla Seconda Guerra Mondiale. L'Archivio può essere infatti consultato solo fino ai documenti relativi al 1939, quindi fino a tutto il pontificato di Pio XI. In un periodo in cui le polemiche per il ruolo storico di Pio XII si sono riaccese, la non possibilità di accedere ai documenti è stata ritenuta un segno di omertà da parte del Vaticano. In realtà, molti dei documenti relativi a quel periodo non sono stati ancora catalogati. Così, per la mostra, l'Archivio Segreto esporrà alcuni documenti provenienti dalla Pontificia Commissione Soccorsi relativi al Pontificato di Pio XII (1939-1958), inerenti la Seconda Guerra Mondiale. E chissà cosa altro ci sarà ancora da studiare in quell'archivio che - se allineato - dovrebbe essere contenuto in uno scaffale lungo circa 85 chilometri. Monsignor Pagano, prefetto dell'Archivio, lo dice chiaramente: «Io ci lavoro da 32 anni, e trovo sempre cose nuove da studiare e scoprire». E si parla anche di parti di biblioteca e archivio segreto che, per mancanza di spazio, sono custoditi nei sotterranei sotto via della Conciliazione. Ma non si deve ipotizzare uno scenario alla Dan Brown: nell'Archivio Segreto il lavoro maggiore è quello di catalogare e contestualizzare i reperti, e non è cosa di poco conto. Fare un viaggio tra i faldoni significa ripercorrere non solo la storia della Chiesa, ma anche del mondo. Così, nella mostra ci si imbatte anche in una lettera su seta inviata nel 1650 da Elena di Cina a Innocenzo X. L'imperatrice Wang - che aveva assunto il nome di Elena dopo la conversione al cristianesimo - fa sapere al Papa di aver abbracciato la nuova religione. In momenti di difficoltà diplomatiche con la Cina per via delle ordinazioni illecite da parte dell'Associazione Patriottica, controllata dal governo. Ma si ricorda anche l'evangelizzazione degli indiani d'America: ai Musei capitolini sarà esposta una lettera su corteccia di betulla inviata al Grande Maestro della Preghiera Leone XIII da Pierre Pilsemont, capo tribù degli indiani Ojibwe, per ringraziarlo di aver inviato loro un vicario apostolico. E subito la mente va all'immagine di Giovanni Paolo II che esce da una tenda indiana. Un'immagine che segnala come la vicinanza tra la Chiesa e gli indiani d'America, in fondo, non sia mai stata così tanta. E sembra essere attualissima la questione anglicana, con gruppi di fedeli che ormai si stanno ricongiungendo alla Chiesa cattolica. Nel 1530, però, lo scisma era un rischio concreto. Di fronte alla titubanza del Papa ad annullare il matrimonio del re, i membri del Parlamento inglese scrivono una lettera a Clemente VII per chiedere di accelerare la causa matrimoniale di Enrico VIII. Il documento è definito «il più impressionante mai messo in circolazione dall'Inghilterra dei Tudor», ed è una pergamena sottoscritta da 83 firmatari e con 81 sigilli pendenti in cera rossa.

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