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In un mare di film drammaticamente complessi che hanno caratterizzato la 67esima Mostra di Venezia, è apparsa naturale la vittoria di un'opera soft sentimentale come «Somewhere» del premio Oscar Sofia Coppola.

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Tornanoinvece a mani vuote gli italiani che hanno bisogno di riflettere a lungo per realizzare trame più vicine ai gusti del pubblico e meno accese da troppa scintilla autoriale o autoreferenziale. Vincono gli «amici» del presidente di giuria, Quentin Tarantino: Coppola è una sua ex, Monte Hellman (Leone speciale) è il produttore che lo ha scoperto con «Le iene», mentre il passionale dramma della gelosia «Balada triste» è stato fin dall'inizio esaltato dal geniale regista di «Pulp fiction». A chiudere il festival l'anteprima «The Tempest» di Julie Taymor, che celebra il 400° anniversario del capolavoro shakespeariano, con Helen Mirren nei panni di un Prospero trasformato in una donna, un'esortazione, ha detto l'attrice, «per difendere i diritti femminili, in un mondo che ancora li calpesta, soprattutto negli Stati fondamentalisti». E' così calato il sipario su Venezia 67, edizione molto ridimensionata rispetto alle precedenti. Per l'assenza dei grandi divi (a parte Ben Affleck, Jon Hamm e Natalie Portman) e per le difficoltà logistiche, dovute sia agli allagamenti di un paio di nubifragi sia al percorso che nel Movie Village costringeva a muoversi in un labirinto generato dal mastodontico cantiere per il nuovo Palazzo del Cinema. Sullo schermo tanti film interessanti, ma nessuno per il quale valesse la pena di inneggiare al capolavoro. Il filo rosso delle angosciose tematiche si perdeva tra storie di morte, sangue, follia, corpi femminili e maschili sofferenti, a testimoniare il disagio esistenziale del presente. Impietose le immagini di donne straziate dalla competizione (Black Swan), stuprate o schiavizzate (Miral e Venere Nera), anoressiche (Solitudine dei numeri primi), suicide per amore (Balada triste). Imperava il dolore delle vite frammentate di oggi, tra amori impossibili e lavori introvabili. In un oceano di battaglie e violenze, tra dojo e machete, spiccavano però autentici miracoli di leggerezza capaci di destare profonde riflessioni, come «Potiche», «Somewhere» o «La versione di Barney», che scatenavano persino qualche sana risata. Mai come quest'anno pellicole di sezioni collaterali, come la Settimana della Critica, proponevano storie più appassionanti di quelle scelte del concorso. È il caso di «Hai paura del buio» di Massimo Coppola, «Beyond» di Pernilla August, «Angele et Tony» di Alix Delaporte e «Hiparzut X» di Eitan Zur, tutti film - parola del presidente della Settimana della Critica Bruno Torri - che saranno presto apprezzati nelle sale.

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