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Israele plaude al veto Usa sul cessate il fuoco, l'ira del mondo arabo

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 Il veto degli Stati Uniti alla proposta di un cessate il fuoco immediato a Gaza al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite agita ancora di più le acque del conflitto in Medioriente.  Israele ha ringraziato gli Usa definendo la loro decisione «corretta». Perché, ha sottolineato il primo ministro Benjamin Netanyahu, «anche altri Paesi devono capire che è impossibile sostenere l’eliminazione di Hamas da un lato, e dall’altro, chiedere la fine della guerra». Pertanto Israele «continuerà la sua guerra giustificata volta a eliminare Hamas e a raggiungere il resto degli obiettivi che ci siamo prefissati».

 

Il mondo arabo invece ha condannato la decisione americana. Il presidente dell’Autorità nazionale palestinese, Mahmoud Abbas, ha parlato di «mossa aggressiva e immorale», che rende gli Stati Uniti «complici dei crimini di genocidio e pulizia etnica commessi dalle forze di occupazione israeliane contro i palestinesi di Gaza, Cisgiordania e Gerusalemme». Netto anche il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, che ha affermato che il Consiglio di sicurezza dell’Onu si è trasformato «in un Consiglio per proteggere Israele» e la sua riforma è ormai «una necessità». L’Iran ha ventilato la possibilità di un’esplosione della situazione nella regione, mentre Mosca ha definito la scelta degli Stati Uniti «cinica» e una «condanna a morte per decine di migliaia di civili in Palestina» comprese «donne e bambini, e anche i dipendenti delle Nazioni Unite che cercano di aiutarli».

Intanto, Israele ha continuato le operazioni militari a Gaza concentrandosi in particolare sull’area di Khan Younis, la seconda città della Striscia, dove è stata ordinata una nuova evacuazione per alcuni quartieri. Le forze di difesa israeliane inoltre hanno rivelato di aver trovato armi in una scuola di Gaza. Alcune sarebbero state nascoste in borse dell’Unrwa, l’agenzia Onu per i rifugiati palestinesi, mentre altre, in particolare un fucile e delle munizioni, all’interno di un grande orso di peluche. 

 

Israele ha anche accusato Hamas di aver lanciato razzi dalla zona umanitaria designata di Al-Masawi nel sud della Striscia e di aver sottratto aiuti umanitari destinati alla popolazione civile. Il capo di stato maggiore delle forze di difesa israeliane, Herzi Halevi, incontrando le truppe ha detto che ci sono segni della «disintegrazione del sistema» di controllo di Hamas nella Striscia e pertanto in questo momento occorre «spingere di più» con le operazioni militari. Continuano le schermaglie anche al confine con il Libano. Le forze armate israeliane hanno dichiarato di aver colpito un «centro di comando» di Hezbollah in territorio libanese in risposta a un lancio di razzi. Così come nel mar Rosso la situazione resta molto tesa. I ribelli yemeniti Houthi hanno avvisato che «tutte le navi dirette verso i porti israeliani, indipendentemente dalla loro nazionalità», diventeranno un possibile «bersaglio». Continua a crescere il bilancio delle vittime. Il ministero della Sanità di Gaza, controllato da Hamas, ha fatto sapere che dal 7 ottobre nella Striscia sono morte 17.700 persone e 48.780 sono rimaste ferite. 

Israele invece ha ufficializzato la morte di un ostaggio nelle mani dei miliziani palestinesi, il 25enne Sahar Baruch, e di altri quattro soldati, portando il totale a 97. Fra loro anche il 19enne Maor Cohen Eisenkot, nipote del ministro Gadi Eisenkot, membro del gabinetto di guerra. Eisenkot nei giorni scorsi aveva già perso un figlio nel corso di un’operazione nella zona nord della Striscia di Gaza. 

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