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Accordo sui migranti, la Ue tratta con la Tunisia

Dario Martini
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Ancora non arriva la firma dell’accordo tra Ue e Tunisia che dovrebbe arrestare l’esodo di migranti diretti in Italia. Si tratta di quel memorandum di cui Giorgia Meloni ha gettato le basi lo scorso 11 giugno nella visita a tre a Tunisi con il primo ministro olandese Mark Rutte e la presidente della Commissione Ursula von der Leyen. Il piano prevede un primo finanziamento da 150 milioni di euro con la prospettiva di erogarne altri 900 in cambio di una collaborazione a tutto campo con il Paese africano: dal partenariato commerciale alla transizione verde fino, appunto, alla cooperazione in materia di flussi migratori.

La formalizzazione dell’intesa era fissata il 27 giugno scorso, alla vigilia del Consiglio europeo, ma è slittata all’ultimo momento con la motivazione ufficiale della concomitanza della «Festa del Sacrificio», festività nazionale tunisina della durata di tre giorni, tanto che il commissario europeo Olivér Varhelyi è dovuto praticamente scendere dalla scaletta dell’aereo che lo stava per portare a Tunisi. I negoziati, in realtà, sono andati avanti anche negli ultimi giorni. Le parti confidavano di raggiungere il traguardo nella giornata di ieri. Invece nulla. Le trattative proseguono. I tunisini sollevano continue obiezioni. Il nodo da sciogliere riguarda il ruolo del Fondo monetario internazionale. L’erogazione del macro finanziamento da 900 milioni da parte della Commissione europea, infatti, è subordinata all’accordo che il presidente tunisino, Kais Saied, dovrà chiudere con il Fmi, un maxi prestito da circa 2 miliardi di euro, linfa vitale per evitare la bancarotta. Ma, allo stesso tempo, un modo per costringere il Paese africano ad attuare quelle riforme fortemente osteggiate dal suo stesso presidente. In un incontro del 25 giugno scorso con la direttrice del Fmi, Kristalina Georgieva, Saied ha parlato di «condizioni inaccettabili», capaci di «pregiudicare la pace civile».

Il regime di Tunisi di alzare sempre di più la posta, conscio di disporre di un’arma negoziale molto potente: i migranti che dalle sue coste cercano di raggiungere l’Europa attraverso l’Italia. Rispetto all’anno scorso, infatti, la Tunisia ha superato la Libia come primo Paese da cui salpano i barconi diretti verso le nostre coste. Saied sta giocando una doppia partita. Da un lato tratta con la Ue, dall’altro lancia messaggi rassicuranti alla sua opinione pubblica, assicurando che non acconsentirà mai a «tenere i migranti in cambio di soldi». In realtà, si tratta proprio di questo: bloccare i barconi in cambio di assistenza economica e finanziaria.

Il primo ministro olandese, uno dei maggiori alleati di Meloni, si dice fiducioso: «Il memorandum verrà siglato questa settimana. È un accordo tra la Commissione europea e la Tunisia, ma come sapete, Giorgia Meloni e io stesso stiamo aiutando, e ha un enorme sostegno da tutta l’Unione europea». Un fatto sottolineato anche dal ministro degli Esteri, Antonio Tajani, il quale ricorda l’impegno dei negoziatori che stanno lavorando incessantemente per scongiurare ulteriori rinvii: «Non possiamo pensare di trasformare alcuni paesi in realtà che vogliamo noi, sono paesi liberi e non possiamo arrivare con l’occhio del colonizzatore. Il nostro obiettivo è aiutare il popolo tunisino che sta vivendo un momento di grande difficoltà». La stessa Meloni, in un’intervista al Corriere della Sera, ricorda che il dialogo con la Tunisia è stato definito «un modello nelle conclusioni del Consiglio europeo di fine giugno». A questo punto, non resta che la Tunisia accetti le condizioni poste e rinunci a sollevare ulteriori obiezioni.

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